Editore: Salani
“Tutto bene a Monteverde?”
“Tutto bene, non si muove una foglia. Il nostro è un quartiere tranquillo, di anziani e persone benestanti. Il tasso di criminalità è inesistente, così come la movida.”
La vita della Capitale è scossa da un nuovo efferato omicidio: i cinque di Monteverde sono chiamati a risolvere un caso crudo e a tratti contradittorio, in cui nulla è chiaro o scontato.
Non era vero che tutte le morti pesavano allo stesso modo; alcune stimolavano un’empatia maggiore, soprattutto se alla vittima erano stati sottratti gli anni più belli della sua esistenza.
Simona Cini, 25 anni, studentessa di Medicina, prostituta per necessità. Don Riccardo Pantoni, 64 anni, prete, sempre al servizio degli ultimi. Anselmo Leonardi, 76 anni, ricco imprenditore. Tre morti, tre vite lontane l’una dalle altre, stesso modus operandi, nessuna traccia, nessun indizio, nessuna impronta.
“Domani vi contatterò, appena avrò i risultati. Nel frattempo, guardatevi le spalle. Io in mezzo ai cadaveri non corro pericoli, siete voi che rischiate là fuori.”
Il commissario Ansaldi e la sua squadra (Leoncini, Di Chiara, Alerami e Loy) si trovano a dover indagare su tre omicidi che farebbero rivoltare le stomaco alla pietra più dura. Con due assassini che giocano con loro come il gatto con il topo e il tempo che passa inesorabilmente, devono aggrapparsi a tutto per arrivare alla soluzione, cercando di non farsi trascinare nel nero degli abissi in cui la mente umana può cadere.
Quanto era bello provare a vivere e non solo a sopravvivere? Quella sera, Ansaldi percepì di nuovo, dopo molti anni, la differenza tra stare solo ed essere solo.
Abbiamo imparato a conoscere Biagio Maria Ansaldi nel primo libro dedicato al commissariato di Monteverde, Come delfini tra pescecani (recensione qui). Di lui ricordavo la poca propensione alla socialità e l’idiosincrasia con tutto ciò che è tecnologico, la stampante prima di tutto. Ma c’è qualcosa che mi fa provare simpatia per quest’uomo. Non pietà, ma proprio simpatia. Tanto più che in questa nuova avventura lo vediamo aprire le ali e spiccare il volo.
Meglio buttarsi, meglio provare, rischiare e rimanere scottati, piuttosto che sopravvivere senza alcuna emozione. Non aveva più paura della paura.
È un Ansaldi più sicuro, più libero da se stesso e dalle sue paure. Forse, dopo tanti anni i Polizia, dopo tanti casi irrisolti, dopo tante vite interrotte troppo presto, ha capito che l’abisso può aspettare e che stare a galla, dopotutto, non è poi così difficile.
Parlare di un giallo non è mai semplice, prima di tutto perché non si può svelare nulla, e poi perché ogni lettore (se per di più appassionato del genere) ha i suoi gusti a livello di struttura, personaggi, anche cliché. Io, per esempio, oltre ad adorare la scrittura di Morlupi, apprezzo molto che vada al di là del semplice filo della trama: morto/i -> inchiesta -> colpo di scena -> soluzione del caso. Leggendo e rileggendo le sue pagine, si va sempre oltre, c’è sempre quella parola che ti fa fermare e riflettere, e questo al di là della storia in sé. Ecco, in questo libro troverete tantissimi spunti su cui, se vorrete, soffermarvi.
“Sapete qual è la cosa più terribile del mio mestiere? Accorgersi ogni volta, quando l’indagine è terminata e la polizia ci ha consegnato i ricercati, come essi non siano assolutamente i mostri dipinti dalla stampa. La gente lo spera ardentemente, trincerandosi dietro una finta credenza e i giornalisti impegnano tutte le loro energie e il loro inchiostro nel descriverli come tali. Ma purtroppo la realtà è un’altra: sono persone personali.”
Perché leggerlo → Perché non è semplicemente un giallo, ma è un romanzo che – come il suo predecessore – lascia molti temi su cui riflettere!
Buona lettura! Annalisa
C’era davvero speranza per tutti di un futuro migliore. Anche per chi, da tempo, sopravviveva soltanto.
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