Intervista a Francesco Grandis - autore di "The end"




Ho fatto una chiacchierata con Francesco Grandis autore del libro "The end" edito da La Corte Editore, editore di AltreVoci Edizioni ed editor.  
Ecco l'intervista a Francesco Grandis.


Intervista a Francesco Grandis autore di "The end" - La Corte editore


Dai viaggi alla fantascienza: secondo te c'è un filo rosso (oltre all'amore per la scrittura) che può unire la tua eterogenea produzione letteraria?

"I viaggi di Gulliver", "Lo hobbit", "Ventimila leghe sotto i mari": i viaggi hanno sempre fatto parte della mia fibra, fin dalle letture che facevo da ragazzo. Sognavo vecchie mappe geografiche ancora da riempire e territori su cui uomo non aveva mai messo piede prima. Se fossi nato qualche secolo fa, forse avrei provato a essere un esploratore, ma nascendo in questo, ho cercato di fare la cosa che ci assomiglia di più: viaggiare in modi non convenzionali, e scrivere. Per tornare esploratori in un mondo in cui non ci sono più zone d’ombra, o butti le mappe o inventi un mondo tutto tuo.

"The end" ci accompagna in un mondo del futuro, un modo apparentemente in "pace", in cui le persone conoscono sin dalla nascita la propria data di morte. Com'è nata l'idea?

Nelle mie peregrinazioni, geografiche e mentali, ho spesso riflettuto sul valore del tempo e su come questo rappresenti l’unica nostra ricchezza: è un patrimonio con cui nasciamo, che possiamo solo spendere e che prima o poi finisce, non sappiamo quando. Da un lato questa idea ha influenzato la mia filosofia di vita, ma nel campo dell’immaginario ha permesso di chiedermi: “E se invece sapessimo con certezza quando il nostro tempo finisce?”.
Questo è il seme da cui è germinata l’idea alla base di The end. Niente di nuovo di per sé: il tema della conoscenza della propria morte è già stato affrontato in molti modi diversi, ma il taglio personale che ho voluto dargli è stato disegnare una società interamente basata su questo. Così è nata anche l’ambientazione, una società futuribile, desiderabile per molti aspetti, su cui ho messo molte delle cose che vorrei: un mondo in pace, la tecnologia al servizio dell’uomo, scienza e medicina evolutissime. Inevitabile poi chiedersi: “ok, e come inizia la storia?”. E quindi da lì si complica tutto, con i nostalgici, i “corti” e tutto il resto.

E, invece, il messaggio che vuoi trasmettere ai lettori qual è?

Nessuno. Ho creato volutamente una situazione molto ambigua in cui si scontrano forze contrapposte e che potrebbero essere considerate a pari diritto dalla parte del “giusto”. Chi ha ragione? Chi ha torto? Chi sono i “buoni” e chi i “cattivi”?
Con The end non voglio dare al lettore nessuna mia interpretazione sul futuro, ma solo fare qualche buona domanda. Se vogliamo, il mio messaggio al lettore potrebbe essere piuttosto un invito: “Pensaci. Tu cosa faresti?”

"The end" non si può incasellare in un unico genere letterario, ma è una commistione di stili diversi. Il risultato è molto intrigante. Dovessi scegliere uno o più generi per descrivere il romanzo quali utilizzeresti?

Non ho trovato una risposta soddisfacente, faccio ancora fatica a collocarlo. L’ambientazione futuristica richiama la fantascienza, ma per le prime 90 pagine potrebbe essere un “normale” libro di narrativa perché parliamo soprattutto dei problemi esistenziali del protagonista e dei modi con cui cerca di risolverli. Poi si passa repentinamente all’azione e al tema del fuggitivo e, senza svelare troppo, ad alcune caratteristiche della distopia e della cospirazione. Quando la storia raggiunge il climax, e l’orizzonte degli eventi si è spostato dalla persona all’intera umanità, rientriamo quasi nel campo del sociale. Per non parlare della componente romantica che, sebbene non sia prepotente, fa da collante a molti eventi nella parte finale. Thriller distopico è decisamente un po’ restrittivo.

Ho apprezzato tantissimo la costruzione dei personaggi a partire dal protagonista sino ai secondari. Chi sono? Ce li descrivi?

Il protagonista è Matthew Freeman, un ipovivente, una persona cioè che ha una longevità prevista di soli 38 anni, quando la normalità è circa 120. Lui rappresenta la variabile impazzita che mette in crisi gli equilibri del sistema, il ribelle. Con lui c’è il buon amico Wallace, un nostalgico, come viene definito chi rinuncia alla conoscenza della propria scadenza per vivere “come una volta”. Lui è il più combattivo del gruppo, non sempre il più razionale ma inaspettatamente saggio. Akira invece è un esperto programmatore, perfettamente adattato al sistema, ma l’amicizia per Freeman lo porterà a una temporanea ribellione. Per certi versi è il più coraggioso proprio per questo: è quello che ha più da perdere. Infine c’è Nayana, una nostalgica “pura” con limitati poteri di veggenza, l’altra variabile impazzita come Freeman, a suo modo altrettanto disadattata. Non è un caso che i due si trovino così bene assieme.
Per non rovinare la lettura non posso nominare molti dei secondari, ma su ognuno di loro ho cercato di creare una certa “profondità”. Hoffmann credo sia quello che mi è riuscito meglio.

Quanto c'è di te (se c'è) nei personaggi che popolano il romanzo?

C’è un po’ di me in ognuno dei personaggi, ma direi soprattutto nell’accoppiata Freeman e Wallace. Nel primo c’è il mio spirito libero, la curiosità e l’incapacità istintiva di adattarsi alle cose così come sono proposte. Nel secondo c’è invece la mia parte più gioviale e quella combattiva.
Curiosità: Matthew Freeman è un nome che ho preso in considerazione come pseudonimo, rinunciando poi all’idea. Così l’ho dato al mio protagonista.

In "Sulla strada giusta" parlavi di te, questa volta no (almeno non in maniera diretta): com'è stato cambiare totalmente genere e metodologia narrativa?

Mi è sembrato di scrivere davvero per la prima volta. Chi mi segue da tempo sa che l’ho sempre detto: “Sulla strada giusta” è stato un libro facile da scrivere. Conoscevo bene il personaggio principale e la trama anche, si trattava semplicemente di raccontare una storia nel modo migliore. “The end” è forse il mio primo libro vero, in cui ho dovuto non solo creare un mondo credibile, ma anche dei personaggi complessi, rotondi. È stato immensamente più difficile, e mi ha richiesto molto tempo. Nel frattempo ho imparato moltissimo. Se Sulla strada giusta è una fotografia del passato, Io e "The end" siamo cresciuti assieme.



Citazione preferita?

La frase finale: è una delle poche che è rimasta inalterata attraverso quasi una decina di revisioni. Ogni tentativo di modificarla l’ha peggiorata, e così è rimasta tale e quale dalla primissima stesura. Dato che non posso rivelarla, per ovvi motivi, qui posso dire qual è la mia citazione “citabile” preferita. È una frase detta da Wallace in uno dei suoi occasionali momenti riflessivi:

“Quando ti bruci i ponti alle spalle, quello che resta sei solo tu. E finisce che scopri chi sei veramente”.

La sento molto vera, anche per esperienze personali. Ho bruciato più di qualche ponte nella mia vita.

In tanti te lo avranno chiesto, ma dillo anche a noi: come ci si sente a pubblicare dopo tanto tempo e - soprattutto - come ci si sente a farlo cambiando "strada"?

Euforico. Sono letteralmente euforico per questa nuova pubblicazione, con una voglia matta di continuare a scrivere. Di fatto ho altri due romanzi scritti, a stadi diversi di lavorazione, e non vedo l’ora di rimettermici a lavorare. Entrambi thriller, ma diversi tra loro e da The end. In pratica, altri cambiamenti in arrivo. È una cosa a cui sono abituato ormai: ricordo che fino a una decina ero un ingegnere! Cambiare strada fa parte del mio DNA, credo.

Francesco Grandis scrittore, viaggiatore, nomade digitale ed editor - editore: in quale di queste definizioni ti riconosci di più e perché.

Solo in “Francesco Grandis”, il resto sono dettagli: non ho mai amato le caselle e non mi è mai piaciuto farmici rinchiudere. Nel mio nome c’è tutto quello che sono e sono sempre stato: tante cose diverse tra loro e messe insieme alla buona. Nonostante questo, se mi guardo indietro, vedo un percorso logico che mi porta fin qui. Non è una strada rettilinea, ma quando mai la vita ce le offre? E anche trovandole, quando mai ci portano esattamente dove vogliamo andare? E così io sono ogni passo che ho fatto, con orgoglio o con paura, con tutte le apparenti contraddizioni e le tante deviazioni. Non potrei essere altrimenti.


 





Se siete curiosi di saperne di più di The end qui trovate la mia recensione al romanzo di Francesco Grandis.

TRAMA
Da più di un secolo l’umanità ha raggiunto l’era della Pace, grazie a uno sviluppo estremo della tecnologia e della robotica che consente a chiunque di condurre una vita agiata e appagante e di sapere persino la data della propria morte fin dalla nascita Superare il secolo di vita è dunque la normalità, per tutti, ma non per Matt Freeman. Lui è un corto e la sua aspettativa di vita è di soli 38 anni, non abbastanza per trovare un senso all’esistenza, o per essere amato come chiunque altro. Ma quando questo giorno arriva, qualcosa non va come tutti si aspetterebbero. Matt si trova così coinvolto in una feroce caccia all’uomo che lo porta a fuggire assieme alla veggente Nayana e agli amici Akira e Wallace. Inseguito per tutto il pianeta da forze sconosciute, mostrerà una capacità di adattamento inaspettata, che metterà in crisi la squadra incaricata di eliminarlo guidata dal Risolutore Hoffman. Chi si nasconde realmente dietro i suoi inseguitori? E perché è così importante che nessuno superi la propria data di morte? Nella sua lotta per la sopravvivenza Freeman si troverà alla fine a dover rispondere a un’unica grande domanda: potrà la scoperta della verità renderlo davvero libero?

BIO
Classe 1977. Abitante da sempre di un mondo tutto suo, nei brevi contatti con la realtà fa in tempo a laurearsi in Ingegneria elettronica e a lavorare qualche anno nel campo della robotica prima di accorgersi di aver sbagliato strada. Per schiarirsi le idee parte per un viaggio solitario intorno al mondo da cui tornerà come programmatore nomade, ma serviranno altri anni e altri viaggi per convincerlo a entrare definitivamente nel mondo delle parole, prima con il blog Wandering Wil, poi con il romanzo Sulla Strada Giusta (Rizzoli), infine con il thriller distopico The end (La Corte). Ad oggi si dedica a tempo pieno alla scrittura e vive in Spagna affacciato al mare, assieme alla compagna e il figlio, sognando di prendere una barca a vela, ricominciare a viaggiare e diventare uno scrittore riconosciuto.



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