La recensione di Piuttosto che, ma anche no... di Manolo Trinci, pubblicato da Sperling & Kupfer. Ecco la mia recensione.
Cosa hanno in comune la più antica testimonianza della lingua italiana – una breve frase incisa sulla parete di una catacomba – e i graffiti che troviamo oggi sui muri dei palazzi, sui banchi di scuola o sui vagoni della metropolitana? Cosa accomuna un atto notarile del 960 d.C. e la messaggistica istantanea? La lingua della Divina commedia è così distante da quella che parliamo tutti i giorni? E ancora: in che modo e per quale motivo espressioni, parole e costrutti ritenuti errati nel passato oggi sono entrati nell’uso comune e vengono accolti a pieno titolo nella norma? Quale rapporto avevano con la lingua e con la grammatica autori del calibro di Leopardi, Manzoni e Svevo? A queste e a tante altre domande cerca di rispondere Manolo Trinci, che nelle pagine di questo libro ci accompagna in una passeggiata tra le «vie» dell’italiano. Quello da lui proposto è un percorso ricco di curiosità e aneddoti che – senza la minima pretesa di esaustività – ci invita a considerare la lingua per quello che è: un organismo vivo e pulsante nel quale passato e presente a volte dialogano, altre si incontrano o si scontrano; un sistema in continuo movimento, complesso e affascinante, capace di fecondare la nostra storia e la nostra identità.
RECENSIONE
Non è facile scrivere una recensione di “Piuttosto che, ma anche no…” non è facile perché le dita indugiano sulla tastiera. Il timore, lo confesso, è quello di cadere nell’errore, nella storpiatura, nel refuso.
Mi perdonerà Manolo Trinci se dovesse accadere? Spero di sì!
Ma perché ho questa paura? Perché il libro pubblicato da Sperling & Kupfer (che ringrazio per la copia cartacea) è un manuale, lo definirei così, che parla della nostra splendida lingua.
Potrei dirvi, anche, che è un viaggio. Parte dai murales, passa per l'incredibile modernità di Dante, ci mostra qualche errore (come l’uso - errato - di “piuttosto che” che Manolo spiega senza sosta dal 2015), accenna all’abuso (o uso) di k. E poi arriva alle parolacce, proprio quelle che ogni tanto ci scappano e che hanno usato i grandi letterati (che così umanizziamo un po’), senza dimenticare gli anglismi e i, precedenti, francesismi, la nascita delle parole, gli errori celebri e la punteggiatura.
E qui mi fermo, ma Manolo Trinci va avanti tra aneddoti d’autore, vita privata, esempi celebri, senza dimenticare qualche approfondimento alla fine di ogni capitolo.
Il risultato è un viaggio inebriante e stimolante nella nostra lingua: tra passato e presente, cultura antica e pop, accenni un po’ nerd (che ci piacciono) e approfondimenti che ci regalano una visione di insieme sintetica, accessibile e per nulla scontata.
Come afferma Manolo Trinci all’inizio del libro, questo volume si può leggere tutto d’un fiato, oppure assaporare poco per volta.
Nulla, poi, ci vieta di ripartire da capo. O da metà!
Niente è dato per scontato: gli esempi, le parole che usa, il linguaggio con cui ci accompagna in questo viaggio.
“Piuttosto che, ma anche no…” è un libro che può fare la differenza e insegnarci qualcosa: adatto a “studenti” di ogni età!
Perché leggerlo → Perché non si deve mai smettere di imparare.
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