“Chi compie un atto del genere, non è più un uomo, ma un mostro, il diavolo in persona. Prendetelo e ricacciatelo nell’abisso da cui è uscito.”
Biagio Maria Ansaldi non era né magro né muscoloso. [...] Tuttavia il poliziotto cinquantatreenne di Roma possedeva un suo fascino. [...] Lo sguardo, infine, aiutato dagli zigomi alti, donava al commissario un’aria nostalgica che avrebbe potuto fare stragi di cuori. [...] Ansaldi era fragile, perciò umano. E di umanità il corpo di polizia aveva dannatamente bisogno.
Eccolo qui il nostro commissario Ansaldi, che abbiamo imparato a conoscere nei precedenti libri di Morlupi. Non il classico commissario che potremmo essere soliti immaginare: forte, sicuro di sé, affascinante. È un Ansaldi che deve ancora prendere bene le redini della squadra, che deve mostrare il suo valore, agli altri ma anche a se stesso. È un Ansaldi ancora acerbo.
Il vice ispettore Loy, gli agenti Caldara, Leoncini e Di Chiara erano riuniti nella sala conferenze. Il commissario fu avvertito ed entrando nella stanza provò una certa soddisfazione, non soltanto per la velocità dei suoi uomini – in meno di un’ora erano tutti presenti, malgrado fosse sabato – ma perché era la prima volta che si riunivano insieme.
In questa prima indagine dei Cinque, iniziamo a conoscere uno ad uno anche i collaboratori di Ansaldi: Roberto Di Chiara, non una volpe, ma felice di poter godere dei privilegi del posto fisso; Matteo Caldara, generoso e gentile, con grandi sogni al di fuori della polizia; William Leoncini, bello e impossibile, con una passione viscerale per la storia nazista; Eugénie Loy, donna enigmatica e di granito fuori, estremamente fragile dentro.
Lui era tornato a Monteverde per evitare di ritrovarsi davanti a spettacoli del genere, per non farsi divorare dalle sofferenze altrui. Desiderava soltanto tranquillità, e Monteverde gli era sembrato un angolo di paradiso. Quella scena gli fece capire quanto si fosse sbagliato: anche il quartiere più noioso poteva trasformarsi in un inferno.
Non è un caso come gli altri quello a cui devono dare risposte i nostri Cinque, per la sua crudeltà ed efferatezza. Vittime a prima vista distanti l’una dalle altre, addirittura oltremare, in terra di Corsica, ma con un sottile filo che le lega e che solo immergendosi nelle trame del deep web si potrà ripercorrere e giungere a una soluzione. Soluzione che non può essere compresa razionalmente.
Si svegliarono con una combinazione eterogenea di sensazioni: da una parte la felicità di tornare a casa, dall’altra la tristezza di abbandonare una regione che stavano iniziando ad apprezzare, per non dire amare. Per una volta Eugénie si chiese se, in fondo, i còrsi avessero capito tutto dalla vita, o perlomeno il senso di vivere bene ed essere felici. O sopravvivere senza infelicità. Per lei sarebbe già stato un miracolo.
Una nota a parte la merita la breve parentesi che Ansaldi e Loy vivono in Corsica: avere a che fare con colleghi stranieri (còrsi, nello specifico) non sempre è facile – almeno quanto arrivare fin sull’isola da Roma! –, se poi uno (Ansaldi) è super ansioso e l’altra (Loy) francese doc, o tutto l’ambaradan finisce in tragedia, oppure ne esce fuori un cammeo divertente come Morlupi ci ha abituati a leggerne.
“Tu non stai facendo niente né per me né per te. Tu stai lavorando per i cittadini. È per loro che sei e siamo qui. Ed è per loro che risolverò questo caso. Questo siamo, dei servitori dello Stato al servizio delle persone comuni.”
Perché leggerlo → Lettura immancabile per gli affezionati ai Cinque di Monteverde.
La vita è spietata e nessuno può batterla, però possiamo perlomeno... sopravvivere ogni volta. O perlomeno tentare.
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