Recensione La ragazza dei colori di Cristina Caboni



Annalisa ha letto e recensito "La ragazza dei colori", il nuovo romanzo firmato da Cristina Caboni - Garzanti. Ringraziamo la casa editrice per la copia del romanzo.
Ecco la recensione



Titolo: La ragazza dei colori
Autore: Cristina Caboni
Editore: Garzanti



TRAMA
Il blu del cielo regala allegria, il verde dei prati conforto. Stella ci credeva davvero. Credeva davvero che i colori avessero il potere di cambiare le emozioni e la vita delle persone. Ma per lei non è più così. E si sente perduta. Fino al giorno in cui, nella casa dell’anziana prozia Letizia, trova una valigia in cui sono custoditi dei disegni. I tratti sono semplici, infantili, ma l’impatto visivo è potente. Il giallo, il rosso e il celeste sono vivi, come scintille pronte a volar via dalla carta. Stella ha quasi paura a guardarli. Perché, per la prima volta dopo tanto tempo, i colori non sono più solo sfumature di tempera, ma sensazioni, racconti, parole. Stella deve scoprire chi li ha realizzati, solo allora tutto tornerà come prima. Ma Letizia, l’unica che può darle delle risposte, si chiude in un ostinato silenzio. Continuandole sue ricerche, però, Stella scopre un episodio che affonda le sue radici nel periodo più difficile della storia nazionale, quando poveri innocenti rischiavano la vita solo a causa della loro origine. Quando la solidarietà di un intero paese riuscì ad avere la meglio sull’orrore, salvando la vita a centinaia di bambini ebrei. Quello che Stella non poteva immaginare è il senso di colpa che quei disegni hanno celato per decenni. Un senso di colpa che grava come un macigno sulle spalle di Letizia. Spetta a lei ricostruire cosa è successo davvero. Perché Stella ha imparato che il buio non dura per sempre e che il sole splende ogni giorno più forte che mai..




RECENSIONE


Molte volte la bellezza è data proprio dal contrasto. I colori risaltano per vivacità quando sono complementari.


I colori, i disegni, il potere salvifico dell’arte: questi sono i grandi protagonisti di questo nuovo romanzo di Cristina Caboni, "La ragazza dei colori".


Stella sapeva tutto sul colore. Sapeva che nasceva dalla luce, ovviamente. Sapeva che era generato dalla rifrazione della stessa su una superficie. Ma la spiegazione scientifica, secondo lei, non era in grado di contenere la vastità del concetto.

Stella Marcovaldi, 26 anni, ha appena perso il lavoro e ha deciso di viaggiare per ritrovare se stessa e il suo posto nel mondo. Prima di andare via dall’Italia, però, ha una persona da salutare: la ultranovantenne prozia Letizia che, rimasta vedova da poco del suo Orlando, vive in una grande villa a Bardolino, sul Lago di Garda. Prozia che per lei è stata madre e padre. Ma in questo ultimo passaggio, lo zampino dello zio Orlando scompiglierà tutti i suoi progetti.

Al sole i suoi capelli erano un intreccio di riccioli più rossi che castani. Le lentiggini e gli occhi verdi, la pelle olivastra e il profilo deciso si mescolavano in lei tradendo le origini nordiche dei Marcovaldi e quelle mediterranee degli Usai.
È in un momento difficile, Stella, in cui sente la necessità di un cambiamento, ma non sa, in realtà, cosa fare. Si sente fragile, svuotata, senza una meta, grigia. Ma proprio i colori, quando li riaccetterà nella sua vita, le sapranno indicare la strada giusta.

Qual era il reale motivo che la spingeva a evitare ogni cosa. A lasciare che la vita le scorresse davanti senza desiderare di diventarne protagonista. No, si stava sbagliando. Lei lo voleva.

Proprio nel suo viaggio verso Bardolino, Stella incontra Alexander, medico italo-inglese alle prese con fantasmi che gli ingrigiscono la vita, ma che non vuole che la ragazza conosca. Ed è proprio questa sua mancanza di coraggio (o di fiducia, dice Stella) a far sì che si esponga poco. Un personaggio di cui alla fine sappiamo poco, che sembrerebbe quasi inutile, se non fosse per un particolare che ci viene svelato all’ultimo.

Allora lo guardò e per la prima volta comprese davvero cosa significasse amare un uomo. Non c’era niente di romantico, nulla di dolce. Era come nutrirsi, come riposare. Era come respirare.


Letizia e Orlando si sono conosciuti da giovanissimi, quando lei era maestra a Nonantola, un piccolo paese del Modenese, e lui prestava servizio militare lì vicino. Erano anni terribili, quelli della caccia agli ebrei. Ed entrambi hanno combattuto, a modo loro, quell’ingiustizia. E da allora non si sono più lasciati, fino alla morte di Orlando. Ora Letizia si sentirebbe anche pronta a raggiungerlo, se non fosse che, ancora una volta, sua nipote ha bisogno di lei e non vuole abbandonarla.

Aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di più. Era come se lo zio le stesse raccontando una storia attraverso gli oggetti che aveva lasciato.

Zio Orlando ha lasciato diversi regali alla nipote, tra cui una valigia piena di disegni, fatti palesemente da mani molto giovani. Se da un lato questo regalo lascia interdetta Stella, dall’altro stravolge la vita di Letizia, la quale credeva, anzi, era convinta, che il marito li avesse bruciati, come lei gli aveva chiesto. Ma cos’hanno di così speciale questi disegni? Chi li ha fatti?


“Ricordare significa comprendere, sapere, significa imparare affinché mai più si ripeta ciò che è accaduto.”


E qui si apre la parte a mio parere più bella, seppur più dolorosa, di tutto il romanzo. Il racconto della storia dei bambini di Nonantola e del coraggio degli abitanti che li hanno custoditi e protetti da una sicura deportazione nei campi di sterminio. L’autrice ha preso spunto da una storia (purtroppo, o per fortuna, a seconda del punto da cui la si guardi) vera e vi ha posto in mezzo Letizia e gli altri personaggi. Letizia che si affeziona a ognuno di loro e fa di tutto per tenerli al sicuro, insieme al parroco, al medico, e a ogni singola famiglia del paese. E i disegni sono un loro ricordo, perché l’arte, soprattutto per i più piccoli, è una forma eccezionale di espressione, condivisione e cura.

“Non ci dissero i loro nomi. So solo che erano lì per aiutare. Sollevarono la rete, stesero dei sacchi sul terreno in modo che il filo spinato non potesse ferirci [...]. La mattina seguente arrivò un camioncino. Ci lasciò alla stazione di Lugano. Il treno ci condusse a Zurigo. Eravamo salvi. [...] ho avuto cinque figli, la mia gioia. E i mie figli, a loro volta, hanno avuto i propri figli. Ognuno di loro è nato perché qualcuno, quella notte, ha sollevato il filo spinato per me.”


Il libro si alterna tra due livelli temporali: il presente, ai giorni nostri, dove protagonista principale è Stella, e il passato, siamo negli anni ’40, quando Letizia era stata inviata in Emilia a osservare un gruppo di bambini e ragazzi ebrei in fuga dall’Europa verso la Palestina, rifugiati a Villa Emma.

Alla fine del libro l’autrice ci racconta come è nata l’idea per questa storia e di come abbia sentito l’esigenza di cambiare le carte in tavola quando ha letto la storia dei bambini di Nonantola. E ho apprezzato molto questo intervento perché si capisce quanto ne sia stata emotivamente colpita. E infatti è la parte del libro più bella, ricca e profonda.

Ripercorrendo il romanzo ho come l’impressione che tutto ciò che riguardi Stella e che le accade sia un pretesto per raccontare la storia di Letizia. Qui coesistono due storie che avrebbero avuto la forza di vivere indipendenti l’una dall’altra. O perlomeno, la bilancia della narrazione poteva pendere più verso Letizia e meno verso Stella. Non avrei sentito la mancanza di personaggi come Flaminia, Luciana e Barbara. Come ho trovato anche superfluo il riferimento al campo di sterminio di Terezín.

Stella non riesce a risplendere di quei colori che tanto ama e riesce a riconquistare, Alexander risulta “utile” solo alla fine, come anche la loro storia. I genitori di Stella sono inesistenti, così come nella sua vita.

Mentre è Letizia, per me, la vera protagonista. Lei, la sua storia, Fiammetta, Orlando, Sara, Elijah, Jakub...


Adoro questa autrice e ho adorato tutti i suoi libri. Di questo mi porterò dietro per un po’ tutto ciò che ho amato. La scrittura della Caboni resta sempre una delle mie preferite, evocativa, lineare, profonda, che sa rendere le sue protagoniste reali e tridimensionali.



Perché leggerlo →  Per conoscere un grande esempio di coraggio e amore nato durante gli anni più bui del secolo scorso.

Ogni difficoltà, se affrontata nel modo giusto, diventa un’opportunità.


Buona lettura!
- Annalisa - 

Posta un commento

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001. Rare immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione. L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.

Contenuti © Virginia Leoni - Le Recensioni della Libraia

© Le recensioni della libraia. Designed by Digital Butterfly