Editore: Salani
Prima eravamo i Costamagna. Per tutta la Langa la gente chinava il capo quando incontrava uno di noi [...]. adesso eravamo soltanto “quelli della Pia”, l’unica cascina che ci era rimasta, e chi per strada si prendeva la briga di notarci ci guardava dall’alto in basso, e senza attendere che fossimo fuori portata d’udito mormorava sui beni che ci eravamo persi insieme al buon nome.
A casa c’erano tre donne vive, la Duchessa, mia madre e io, e quattro maschi, mio padre, mio fratello Sandro, mio fratello Cesare e io, che contavo come un maschio perché lavoravo come un uomo. [...] I nostri uomini se li era portati via la guerra, i vivi più dei morti.Quella dei Costamagna era una famiglia benestante, proprietaria terriera, che dava da vivere a generazioni - e da generazioni - di braccianti, contadini, mezzadri. Fino a che non è arrivata la guerra a decimarla e a costringerla a vendere parti di terreno per sopravvivere.
Per le Langhe mi conoscevano come Gambeinspalla perché fin da quando ero alta come un gallo le percorrevo avanti e indietro.
Ci guardammo per il tempo di un respiro, che mancai. Con quattro balzi lo raggiunsi e nello slancio lo investii, finimmo entrambi a terra, e la mia bocca trovò con naturalezza la sua. Sapeva di tabacco, erba e libertà, sapeva di tutto ciò che mi mancava.
Italo (Acciuga) è un giovane partigiano riuscito a sfuggire al rastrellamento del ’44. Il suo desiderio è quello di raggiungere il nord della Francia per imbarcarsi per l’America, dove potrà finalmente iniziare una nuova vita. Ma ha ancora una cosa da fare: riconsegnare il medaglione dell’amico Beppe alla sua famiglia. I Costamagna. Italo ha il fascino del sopravvissuto, dell’ignoto, del proibito. Con la sua chitarra, suonando e cantando Fischia il vento, fa innamorare Ginia, e nulla sarà più come prima.
La studiai dal lavello, mentre asciugavo gli ultimi piatti. Mi era sempre sembrata un donnone, perennemente assisa sul suo trono di legno e cuscini, le lunghe braccia pronte a ghermire o condannare, ma adesso si era rinsecchita, restava un cumulo di ossa sotto i vestiti fuori epoca e fuori stagione, i due cardigan infeltriti di lana nonostante il tepore della sera settembrina. Mi chiesi quando fosse successo e perché non me ne fossi accorta.
La Duchessa non ha questo titolo a caso. È la madre-matrona della famiglia, colei che con uno sguardo può decidere le sorti di ogni suo componente. Ma anche su di lei la guerra e le avversità della vita hanno lasciato il loro segno, tra cui la perdita di una figlia. È la personificazione della sua stessa terra: come lei ha perso vigore e fecondità. Resta pur sempre l’animo da “padrona”, e ogni scelta che compie è a vantaggio del bene (e dei beni) della famiglia.
“Vedere di sera ciò che si è visto all’alba e a mezzodì ciò che si è osservato al tramonto, i campi coperti dalle nubi o tinti dalla luce, i torrenti bianchi di neve o marroni di sassi, le traiettorie degli animali domestici e l’apparire improvviso delle bestie selvatiche a ricordarci altri mondi. Non c’è niente di più bello di ripercorrere gli stessi sentieri per trovarli ogni volta nuovi, rimettere il piede dove sei già stata per scoprirlo daccapo, e così non morire mai...”L’amore per i luoghi in cui si è nati e cresciuti, il rispetto per quella terra che non solo dà da vivere, lo splendore della natura che cambia a ogni raggio di sole, ma che è sempre lì pronta ad accoglierti e a proteggerti, come una casa, a ogni ritorno, che sia dopo qualche ora o dopo anni o una guerra. Casa come terra, come famiglia, come braccia che ti stringono, da cui si può essere allontanati ma che non smetteranno mai di essere aperte.
“Ho capito una cosa riguardo al passato. Non puoi tornare indietro per cambiare l’inizio, ma puoi cominciare dove sei per cambiare il finale. [...] Possono arrestarmi, ma non impedirmi di godere di questa libertà. Che cosa l’ho fatta a fare la guerra se non posso essere felice?”
Quello che Davide Mosca ha scritto è un romanzo che smuove l’animo del lettore. Quella che sembra la semplice storia di un amore tra due giovani, diventa una matrioska di situazioni e sensazioni, che si nascondono l’una dentro all’altra.
“Dovremmo fidarci dell’amore o del risentimento?”
“Dell’amore, sempre dell’amore.”
Buona lettura!
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