Recensione: L'inganno delle buone azioni di Kiley Reid



La recensione di L'inganno delle buone azioni  di Kiley Reid - Garzanti a firma di Annalisa. Un grazie alla casa editrice per la copia digitale del romanzo. 



Titolo: L'inganno delle buone azioni
Autore: Kiley Reid
Editore: Garzanti
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TRAMA


Alix è una donna e una madre di successo. Tutto, intorno a lei, è perfetto. Nel suo blog dispensa consigli su come realizzarsi ed essere felici, ma soprattutto esorta le persone a confidare nell'importanza delle buone azioni. Nell'importanza di aiutare chi è meno fortunato. Lei, che è una privilegiata, non crede nei privilegi e nei preconcetti. Per questo, affida la figlia a Emira, anche se per la sua cerchia di conoscenti il colore della pelle della giovane potrebbe rappresentare un problema. Ma un giorno, al supermercato, Emira viene accusata di aver rapito la bambina: non può certo essere la baby-sitter di una famiglia così per bene. Nessuno le crede, tutti si limitano a giudicarla in base all'apparenza. In risposta a quest'ingiustizia, Alix decide di accrescere il proprio impegno: tesse le lodi di Emira ogni volta che ne ha l'occasione, le offre un contratto a lungo termine e si scaglia contro tutti coloro che l'hanno ritenuta colpevole senza appello. Inizia una lotta contro i pregiudizi. Una lotta un po' troppo appariscente. Forse Alix ha qualcosa da nascondere. Forse teme che il velo di ipocrisia di cui per anni si è fatta schermo scivoli via e metta a nudo la verità. Perché le buone azioni non sempre sono spontanee. A volte dissimulano segreti e false intenzioni. A volte dietro il bene può celarsi il male.




RECENSIONE


“Credo che sia meglio che... ognuno di noi vada per la sua strada, okay? E che le nostre strade non si incrocino mai più.”

Così inizia e finisce questa storia, o meglio, la sua fabula. 

I Tucker erano gente che lavorava con le proprie mani. [...] Poiché gli interessi degli altri componenti della famiglia erano nati in modo così naturale, e poiché l’università sembrava un luogo accettabile in cui aspettare che le mani trovassero se stesse, Emira fu la prima della famiglia a frequentarla.

 

Emira Tucker è una venticinquenne alle prese con un periodo di transizione della sua vita: allo scoccare del ventiseiesimo compleanno uscirà dall’assicurazione sanitaria dei genitori, per cui avrà bisogno di un lavoro che, oltre ai contributi, le paghi anche le eventuali cure mediche. Attualmente fa la dattilografa per il Partito Verde di Filadelfia, ma, per arrotondare, fa anche la baby-sitter a casa Chamberlain. Non è una ragazza insicura, Emira, è solo un po’ apatica, si lascia passare la vita addosso, in attesa: le sue amiche guadagnano più di lei, una è pure fidanzata, e se la si trova in un market a mezzanotte insieme a una bambina non sua, si pensa subito al rapimento: sì, perché Emira ha la pelle nera.

 

Alix amava scrivere lettere e si considerava abile in quel campo [...]. Non solo la carriera andava a gonfie vele: per la prima volta dai tempi del college, Alix si era fatta un gruppo di amiche.

 

Alix Chamberlain viveva a New York insieme al marito Peter e alle piccole Briar e Catherine, l’ultima arrivata. È proprio per rendere la loro vita più a misura di famiglia che hanno deciso di trasferirsi a Filadelfia, dove Peter lavora per un canale televisivo. Ma Filadelfia non è New York, dove Alix si sentiva perfettamente a suo agio, tra le sue giornate caotiche e lo smartphone pieno di e-mail.

 

Era più carino dell’ultima volta che l’aveva visto; in parte dipendeva dal fatto che lei, in quel momento, non stava facendo la baby-sitter e non era accusata di un crimine, ma era anche più carino di suo. Kelley Copeland aveva occhi e capelli scuri e un volto lungo e pallido, con un mento forte e grosso che, per qualche motivo, faceva capire che aveva praticato sport per tutta la durata dell’università.

 

Kelley ed Emira si incontrano per la prima volta durante la famosa scenata al market ed è lui a riprendere in video le accuse (infondate) e gli attacchi alla ragazza da parte di una guardia. Si rincontrano per caso diverse volte, fino a quando Emira non accetta la sua corte. La loro è una storia semplice, una relazione tra un ragazzo bianco e una ragazza nera, ma senza particolari problematiche. Fino al pranzo del Ringraziamento, quando, invitati a casa Chamberlain, Kelley ritrova la fidanzatina del liceo: Alix. E tutto precipita.

 

Briar Chamberlain non era una bambina stupida. Non faceva scene isteriche appena vedeva dei palloncini, e se i clown si gettavano a terra o si scottavano le dita sul fuoco, lei si preoccupava, anziché ridere.

 

Una menzione merita anche Briar, l’unico personaggio equilibrato della storia: una bambina di tre anni che viene affidata alle cure di Emira. Briar è l’unico motivo per cui la ragazza resta così a lungo in casa Chamberlain, e forse anche la corda che la tiene ferma nella sua immobilità. Tiene molto a lei e si rattrista pensando che per la piccola, con il passare del tempo, lei resterà solo un nome conosciuto durante l’infanzia.

 

Alix aveva maturato sentimenti non troppo diversi da una vera e propria infatuazione per la sua baby-sitter. Si entusiasmava quando la sentiva infilare la chiave nella porta ed era dispiaciuta quando doveva andarsene, e, se la vedeva ridere o parlare senza essere interpellata, aveva l’impressione di aver fatto qualcosa di buono.

 

Questo è un libro che non si capisce fino a che non si arriva in fondo. E fino in fondo non si comprende il nesso tra titolo e storia. Ma andiamo con ordine. Emira è una ragazza di colore che fa la baby-sitter per una famiglia “bianca”. Niente di strano. Addirittura il fatto che si ritrovi accusata di aver rapito la bambina non è poi così strano, purtroppo. Quello che è strano è il comportamento che Alix ha nei suoi confronti: una sorta di possesso misto a volontà di espiazione di qualche peccato che si porta dietro fin da piccola, un peccato generazionale.

È chiaro che Alix non sia serena nella sua nuova vita: lei, donna in carriera, sempre in azione e con un libro in scrittura, con due bambine piccole ha dovuto rivedere le sue priorità, i suoi spazi e i suoi tempi. In Emira vede una battaglia universale da combattere, forse più contro se stessa e l’ambiente sociale da cui proviene. Di lei leggiamo ogni pensiero, ogni minima riflessione le passi per la testa.

Di Emira invece sappiamo poco; quando il focus della narrazione è puntato su di lei, è come se entrassimo nella sua stessa bolla e l’apatia esistenziale che la pervade coinvolge anche noi lettori. Non riusciamo a sentirne un’emozione nemmeno quando si innamora di Kelley. Tutto piatto.


Con la stessa bizzarra memoria muscolare che ti fa estrarre la tessera dei mezzi pubblici per aprire la porta di casa o chiamare la maestra delle elementari “mamma”, Alix si sentì sul punto di schiaffeggiargli i polsi, per allontanarlo dalla sua baby-sitter. Con la stessa voce e gli stessi movimenti che faceva ogni giorno, stava per dirgli: “No no no. Non toccare. Quella lì è della mamma”.


Kelley. Dietro un’amicizia o un amore, si può nascondere del puro feticismo? Può essere, fatto sta che non ho trovato poi così strana la sua preferenza per le persone di colore, visto che poi si è trasformata in un’amicizia di lunga data e in relazioni sentimentali. Si possono preferire le bionde alle more (o i biondi ai mori) e non la pelle di un colore piuttosto che di un altro?

Quello che emerge, però, è l’incompiutezza di queste vite: di Alix nella sua insoddisfazione verso una quotidianità che non è più sua, di Emira nel blocco esistenziale che sta affrontando. E il loro essere esagerate, l’una per il troppo “fare e mostrare”, l’altra per la sua staticità, dà un freno all’empatia che si può provare per un personaggio.

Detto questo, L’inganno delle buone azioni sta a significare che dietro a degli atteggiamenti positivi, altruisti e benevoli, a volte si nasconde il tentativo di celare le proprie pecche, il proprio disagio e le proprie colpe nei confronti degli altri.

Ritornando per un momento alla citazione inziale: “Credo che sia meglio che... ognuno di noi vada per la sua strada, okay? E che le nostre strade non si incrocino mai più”. Cosa c’entra in questa storia? Non vi resta che leggerlo per scoprirlo...


Perché leggerlo → Per porre l’attenzione sull’esistenza, ancora oggi, della dicotomia pelle bianca/pelle nera.
Buona lettura!
- Annalisa - 
“È una forma orribile di feticismo nei confronti delle donne nere [...]. Come se fossimo tutte uguali, come se ognuna di noi non avesse caratteristiche, personalità e inclinazioni diverse. Quelli come lui sono convinti di essere lodevoli, coraggiosi e unici, solo perché osano mettersi con donne nere. Come se fossero dei martiri.”

1 commento :

  1. Libro interessante e recensione che accende il focus su moteplici spunti di riflessione. Io ho in lettura "Chiaroscuro" di Raven Leilani, la protagonista è una ragazza nera che cerca di trovare il suo posto nel mondo. Anche qui c'è quella dicotomia pelle nera/pelle bianca di cui parlavi. Un tema sempre attuale con mille risvolti. Un saluto :)

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