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Una panchina del viale degli Ippocastani costituisce la dimora dello Scribacchino, un senzatetto che trascorre gran parte del proprio tempo a scrivere su un block notes. Nessuno sa quale sia il risultato dei suoi sforzi, tranne un misterioso uomo che viene a riscuotere quelle pagine come fossero una merce di scambio. Il risultato, però, non lo soddisfa: le storie dello Scribacchino, per quanto ben scritte, sono prive di epilogo, poiché un vero e proprio blocco gli impedisce di concepire un finale. Il micro-mondo del senzatetto, fatto di privazioni e anonimato, viene scosso da una ragazzina di nome Rachele, che frequenta da poco il liceo non distante dal viale. Rachele è una “primina”, vive sulla propria pelle le piccole e grandi angherie degli altri studenti, e per scampare a un fastidioso “rito di iniziazione” le viene chiesto di prendere proprio il block notes dello Scribacchino. La bravata si rivela il primo passo verso la scoperta di alcuni particolari sulla vita dell’uomo, dettagli che le permetteranno di fare luce su ulteriori misteri che la riguardano da vicino.
L’epilogo è solamente un confine artificiale fittizio, tanto rassicurante quanto inutile.
Vite che si intrecciano come in uno strano scherzo del destino, vite distrutte che cercano un modo per andare avanti. Storie che non riescono a trovare un epilogo. Perché, in fondo, trovare un epilogo significa arrivare alla fine.
L’uomo continuava a produrre manoscritti e gli abituali passanti si chiedevano cosa se ne facesse [...]. Lo avevano soprannominato lo “Scribacchino degli Ippocastani”.
Stefano, lo Scribacchino degli Ippocastani, è un senzatetto che vive su una delle panchine di un lungo viale nei pressi di un liceo e di un supermercato. Faceva lo scrittore, una volta, era sposato e aveva un figlio di nome Davide prima che la dipendenza, conscia o meno, dall’alcool lo portasse a compiere un errore fatale, per lui e la sua famiglia. Da allora tutto il suo mondo è andato a rotoli e ogni suo scritto non è mai più riuscito ad avere un epilogo. È una brava persona, vuole solo espiare la sua colpa più grande.
La vita era davvero strana. Lo Scribacchino avrebbe voluto riavere il tempo trascorso con suo figlio e lei quello con suo padre. Forse era questo che li accomunava?
Rachele Rivelli è un’adolescente alle prese con il primo anno di superiori: classe nuova, compagni nuovi, equilibri (e disequilibri) nuovi. È una ragazzina solitaria, non dà confidenza facilmente e vorrebbe solamente arrivare indenne alla fine di ogni mattinata. Aveva già notato lo Scribacchino, ma è per una scommessa che si ritrova tra le mani i suoi scritti. Ed è da allora che la sua vita cambia e segreti del passato le saranno svelati.
“Ogni persona deve capire qual è la propria strada e seguirla. Il guaio è che spesso non è quella strada che speriamo. Pensi che io volessi lavorare nelle ferrovie? Il mio sogno da bambino era fare l’astronauta. Poi si cresce. Tu non l’hai fatto.”
Stefano Rivelli, il padre di Rachele, è anche lui uno scrittore, o almeno così vorrebbe poter credere. Ne ha la passione, il desiderio, ma gli manca quel qualcosa in più che non si può inventare, non si può comprare o studiare: il talento. Anche se, stranamente, i suoi libri sono dei successi editoriali, che hanno portato fama a lui, ma anche al suo editore e alla sua agente Monica. L’unico a essersi accorto che qualcosa non funziona nei finali dei suoi romanzi è Marcello Iacobini, critico letterario sempre molto severo nei suoi confronti.
“Ho letto di Iacobini. Dice che i tuoi libri non lasciano il segno. Dice che non sai mai dove andare a parare e non posso che dargli ragione. Non hai mai saputo farlo in tutta la tua vita.”
Esistenze intrecciate da molto tempo e che solo per caso si rincontrano. Colpe che si portano con sé per tutta la vita e rovesciano il mondo attorno. Segreti tenuti a lungo, ma che prima o poi vengono a galla. Queste sono le micce che danno il via a L’uomo senza epilogo, prima prova di narrativa contemporanea di Gabriele Dolzadelli, conosciuto ai lettori per i suoi romanzi storici d’avventura.
La storia mantiene per tutta la sua durata un ritmo serrato. Sin dall’inizio, quando si resta spaesati da quei due uomini con uguale nome, Stefano, e uguale professione, lo scrittore. Si ha quasi l’impressione di fare un continuo salto temporale, ma poi Rachele ci riporta alla realtà. Lei, che è il traino di tutto il racconto, senza la quale nulla sarebbe accaduto, nel bene e nel male. Lei, che, ragazzina, riesce a scoprire la verità sullo Scribacchino degli Ippocastani e su La fenice d’argento, l’ultimo libro di suo padre. Lei, che con la sua curiosità e voglia di giustizia riesce a riportare il padre nel giusto ordine delle cose. Lei, che non ha paura o vergogna di avvicinarsi a chi è stato messo da parte.
Sono tanti i temi che possiamo trovare in questo libro, chiari o solo accarezzati: la sete di successo, il bullismo tra i più giovani, l’abbandono di chi è diverso e in difficoltà, ma anche la solidarietà, il coraggio, la sete di giustizia.
Credo che Gabriele in questa sua prima prova fuori dalla sua comfort zone abbia dimostrato ancora una volta le sue capacità e il suo talento.
Perché leggerlo → Perché è una storia che fa riflettere in vari passaggi e che difficilmente vi farà staccare dalle sue pagine.
Buona lettura!
- Annalisa -
“Certe cose è bene lasciarle come sono. A volte ci sono dei prezzi da pagare. Passiamo una vita intera a chiedere giustizia per ogni singolo torto subito, ma quando siamo noi a dover saldare il conto, vogliamo sempre la scappatoia.”
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