Oggi ho fatto una chiacchierata con Isabella Paola Stoja autrice della raccolta di poesie La neve dei pioppi edito da Monetti editore. Il volume è disponibile sia sul sito della casa editrice che su Amazon.
Ecco l'intervista a Isabella Paola Stoja.
Intervista a Isabella Paola Stoja autrice di La neve dei pioppi - Monetti editore
Quando nasce l'amore per la lettura?
Penso che l’amore per la lettura mi abbia accompagnata sin da piccola. Quando avevo cinque anni mia mamma mi lesse l’Odissea, il mio preferito era il canto dedicato a Ulisse sull’isola dei ciclopi. Poi, quando avevo dieci anni, io e mamma leggemmo insieme i Promessi Sposi. Ricordo con grande tenerezza di quando leggevamo il passo della madre di Cecilia e piangevamo insieme. Credo che sia stato quello il preciso momento in cui mi sono innamorata non solo della lettura, ma della letteratura.
E la tua voglia di scrivere?
In realtà non saprei dire qual è stato l’esatto momento in cui è nata la mia voglia di scrivere. È sempre stato un modo tutto mio di tirare fuori le paure, le angosce, i dissidi. Ed è cresciuto con me, diventando il mezzo per eccellenza per liberarmi dai miei demoni, per fissare attimi di tenerezza, per scongiurare la terribilità delle abitudini.
A febbraio è uscita la tua prima raccolta di poesie, quali tematiche affronti?
Ne “La neve dei pioppi” affronto davvero molte tematiche. Che sono poi le tematiche celeberrime della poesia: amore e morte, passato e presente, abitudini e quotidianità. Il tutto in una chiave profondamente intimistica, che però non esclude che ciò che interroga me possa interrogare anche il mio interlocutore.
C'è un messaggio, in particolare, che emerge dalle tue poesie su cui vuoi porre l’accento?
Più che un messaggio, credo che sia un’immagine ad essere centrale nell’opera, e sta proprio nel suo titolo. La raccolta, infatti, non segue un preciso ordine temporale o cronologico, l’unico tentativo di circolarità è dato dalla prima e dall’ultima poesia, entrambe accomunate dall’immagine della lanugine (“neve”) dei pioppi, accostata alla precarietà dell’esistenza, degli attimi in cui si coglie (forse) l’essenza vera delle cose, della bellezza, della poesia stessa. E quando alla poesia e al poeta sembra di avere afferrato una risposta, questa sfugge e incita l’urgenza di ricominciare a cercare dentro la propria storia, in un cerchio appassionato strutturalmente senza fine. Credo sia proprio questa fatuità, questa presenza/assenza, la vera protagonista dell’opera.
Qual è il tuo stile? Si tratta di testi brevi oppure lunghi e articolati?
Mi risulta difficile definire il mio stile… posso dire però che mi è sempre stata di grande ispirazione la poesia dell’Otto-Novecento. I testi sono decisamente brevi. Non mi sono mai particolarmente ritrovata nella scrittura di testi lunghi, perché il mio “impulso” poetico è tendenzialmente molto repentino e si esaurisce in pochissimi attimi. E io, di solito, tendo ad assecondarlo anche nella forma dei componimenti.
Come avviene il processo di scrittura?
Anche questa è difficile…
Come accennavo, si tratta di un impulso quasi fisiologico, un’urgenza, non saprei descriverlo meglio. E quando accade, guai a non coglierlo: un attimo dopo mi sarò matematicamente dimenticata tutte le parole che mi erano venute in mente. È per questo che in genere le mie poesie sono disseminate ovunque: su tovaglioli, pezzi di carta, margini di libri. Infatti, in borsa ho sempre una penna. Dopo viene la revisione, sempre su carta e soltanto in ultima battuta, quando il testo è definitivo, lo trascrivo al pc.
Raccontaci qual è stata la molla che ti ha spinta a pubblicare?
Devo riconoscere di avere sempre scritto per me stessa, mai per gli altri. La pubblicazione non è mai, realmente, stata parte dei miei progetti. Un giorno, però, un amico, che di poesia si intende non poco, mi ha detto che quello che scrivo ha un valore, esortandomi a valutare uno sbocco editoriale… ed eccoci qua.
Come mai la poesia? Potresti passare alla narrativa?
Potrei dirti che non sono stata io a scegliere di privilegiare nei miei scritti l’espressione poetica, tutt’al più è stato il contrario. In maniera del tutto spontanea, ho scritto in versi fin dalla mia più acerba giovinezza. Poi, però, in adolescenza ho iniziato a studiare seriamente la poesia. L’ho studiata tanto, e continuo tuttora a studiarla, per nutrire sempre di più la mia vena.
Mi piace anche, però, esprimermi in prosa: ho in cantiere un progetto legato proprio alla narrativa. Chissà…
Chi è Isabella nella vita, oltre ai libri?
Ti rispondo con la definizione di un mio carissimo amico: un’iperattiva un po’ sociopatica (si fa per scherzare, eh!). Sono una “prof” di Italiano e Latino, insegno in un liceo milanese. Sono una moglie e una mamma. E senza dubbio sono anche una gattara: ho sposato in toto la nota liaison degli artisti con i felini, e infatti sono proprio i miei due gatti i migliori compagni delle mie notti di scrittura.
Ci lasci con un piccolo estratto da una delle tue poesie? Quello che ti rappresenta di più.
Come gatto
s’inarca nella piega
di varco
suadente
io m’inarco
alla vita
brandendo con le unghie
sprazzi d’eterno
eterei come pioppi.
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