Andiamo in Val Polcevera con Bacci Pagano e Le sigarette del Manager edito da Garzanti che ringraziamo per la copia digitale.
Ecco la recensione di Annalisa.
Le sigarette del manager
Bruno Morchio
Garzanti
Trama
Un ingegnere che non è ingegnere, un manager che non è manager: chi è in realtà Oreste Mari, l'uomo sulle cui tracce si muove Bacci Pagano, inseguendo un vago odore di fumo e spinto da un'ossessione che lo induce a indagare senza la garanzia d'essere pagato? In una primavera piovosa, otto mesi dopo il crollo del ponte Morandi, il detective dei carruggi ripercorre avanti e indietro la valle del Polcevera e ne osserva le ferite, la bellezza e i gusci fossili d'un illustre passato che non c'è più. Nelle strade di quella periferia irriconoscibile sembra cercare il senso di quanto è accaduto negli ultimi trent'anni e l'uomo che sta cercando potrebbe forse fornire qualche risposta alle domande che lo assillano: Oreste Mari è nato in una famiglia operaia, ha rinnegato le sue origini facendo proprio il mito dei soldi facili degli anni Ottanta e ha finito per mettere la propria genialità al servizio della speculazione finanziaria e della criminalità. Distruttore e saccheggiatore di destini, lo definisce Bacci, che però intravvede il legame profondo che lo lega alla valle e alla sua gente, una sorta di anticorpo che potrebbe forse salvargli l'anima. E mentre si dibatte nel dilemma se associare o meno all'agenzia investigativa il fidanzato della figlia Aglaja, Bacci troverà nel luogo più disastrato della valle, la diga del quartiere Diamante, un nuovo amore di nome Giulia, maestra elementare che ha l'aspetto e i modi d'una guerrigliera coraggiosa. Con "Le sigarette del manager" Bruno Morchio dà voce a uno dei luoghi più tormentati della sua terra, a una generazione ferita ma orgogliosa, che non si rassegna a guardare indietro e non si abbandona alla nostalgia, convinta che della scomparsa del passato ci si può consolare, ma dalla sparizione del futuro non ci si riprende più.
“Non è un ingegnere ma con l’informatica fa miracoli, non è un manager ma fattura milioni di euro, detesta le proprie origini ma non si schioda dalla val Polcevera, coltiva le stesse amicizie per venticinque anni e pesca i suoi dipendenti e le sue donne nel cortile di famiglia: si può sapere chi è l’uomo che stai cercando?”
Un uomo scomparso, una ditta di informatica sul lastrico, una moglie abbandonata insieme al figlio e senza soldi, una valle che sembra far di tutto per nascondere la verità. Questi gli ingredienti della nuova indagine di Bacci Pagano.
“L’ingegnere amava le donne e poi le abbandonava, spesso queste donne avevano un fidanzato o un marito geloso, e chi può dire cosa passa per la testa d’un uomo geloso? E poi non saldava i creditori e per i dipendenti non era certo un datore di lavoro esemplare.”
Oreste Mari, ingegnere mai laureato, proprietario di un’azienda informatica, nato e cresciuto in val Polcevera, dalla quale non se n’è andato nemmeno quando i soldi glielo hanno permesso. È sceso per andare a comprare le sigarette e non è più tornato, come nella più classica delle barzellette.
È giovane, non deve avere ancora quarant’anni, ma sembra fare del suo meglio per dimostrarne dieci di più. Veste sciatta, ha capelli lisci e sottili, d’un delizioso colore ramato, che tiene raccolti e quasi nascosti in uno chignon; non è truccata e il volto è cosparso di efelidi che mettono tenerezza. Solo gli occhiali sembrano scelti con cura, una montatura leggera di metallo che lascia risplendere due grandi e malinconici occhi verdi.
Donatella Sampò è la moglie di Oreste Mari. Vedova? Non si sa. Nessuno sa che fine abbia fatto il marito ma lei non si arrende, lei è convinta che sia vivo e si stia nascondendo da qualche parte. Nonostante i tradimenti e le mancanze, lo ama ancora. Donatella è anche madre, una madre che sacrifica la propria vita e il proprio futuro per un figlio ancora in età scolastica, con i suoi problemi e le sue incertezze.
Peccato che gli specchi siano vendicativi e approfittino del subdolo lavorio degli anni per prendersi la loro rivincita. E quello del bagno moriva dalla voglia di farmela pagare. “Hai superato da un pezzo i sessanta”, ha attaccato, “e si vede: l’età è scolpita nei capelli ormai bianchi e nelle rughe che solcano la faccia tirata; il tuo fisico atletico sta assumendo i tratti emaciati della senilità e da asciutto che era si è fatto magro e ossuto, d’una magrezza sofferta che porta finalmente in luce quello che sei dentro: un albero dal tronco contorto e grinzoso, i cui rami vanno rinsecchendo e presto non daranno più foglie né fiori né frutti”.
Bacci Pagano lo conosciamo da un po’ ormai e insieme alle sue indagini ogni volta vediamo svilupparsi anche la sua storia personale. Dalla crisi con Clara all’amore per la figlia Aglaja, dall’affetto per il genero Essam alla nuova (forse) compagna Giulia, una maestra elementare molto tosta che conosciamo in questa nuova avventura. Un Bacci che troviamo alle prese con una decisione lavorativa importante e una nuova storia a cui lasciarsi andare.
Sulla sinistra la mattonata scende fino allo stradone di Sant’Agostino, sulla destra risale verso l’università e le case medievali di via Mascherona, ristrutturate anch’esse dopo le Colombiane del ’92, quando Genova si è decisa a cambiare stile di vita e look, dopo essersi risvegliata dai fasti della modernità industriale con l’angoscia di sprofondare in un’irreversibile agonia segnata da spopolamento, senescenza e dilagante disoccupazione.
E poi c’è Genova, immancabile protagonista. E questa volta lasciamo i carrugi per dirigerci verso la val Polcevera, quella zona della città più colpita di altre dal crollo del Morandi dell’agosto del 2018, quella zona che una volta era ricca di fabbriche e aziende, mentre adesso è alla ricerca di una nuova identità. Una valle che prova a rialzarsi dopo “il” crollo, così come i protagonisti del romanzo provano a rialzarsi dopo il crollo delle proprie vite.
“Nessuno è innocente, Bacci Pagano. Tutti abbiamo sbagliato qualcosa. Ma non ci stanchiamo di provarci, e continuiamo a fare qualcosa per gli altri.”
Una lettura non sempre facile, soprattutto per noi liguri del genovesato, che conosciamo bene i luoghi e gli eventi. Una storia da leggere con cura per andare oltre e percepire il sentore più profondo dei suoi personaggi.
Perché leggerlo → perché Genova
ha sempre un’aura misteriosa e Bacci Pagano ne è perfetta espressione.
Dolore e solitudine combinati insieme diventano una miscela tossica. Tenersi dentro certi groppi e non poterne parlare con nessuno avvelena il sangue e rende la vita un inferno.
- Annalisa -
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