Recensione: L'anima della frontiera

Ci sono paesi che sanno di sventura. Si riconoscono respirando la loro aria torbida, magra e vinta come tutto ciò che è fallito. Anche Nevada era così.

L’anima della frontiera
di Matteo Righetto
Mondadori

Trama
Nevada. Sembra il nome di un deserto, e invece è il luogo in cui vive la famiglia De Boer, in alta val Brenta. Una terra circondata da boschi aspri, dove le case si inerpicano su pendii vertiginosi. Sono gli ultimi anni dell'Ottocento e i De Boer, che lavorano nei campi di tabacco, vivono consapevoli che solo nella muta e rispettosa alleanza tra uomini e natura selvaggia esiste una possibilità di sopravvivenza. Augusto è il capofamiglia, un uomo taciturno, lavoratore instancabile, capace di ascoltare la voce dei boschi e il fischio del vento. Jole, la figlia maggiore, ha la stessa natura selvatica del padre e una sfrenata passione per i cavalli. I proventi del tabacco però non sono sufficienti a far campare la famiglia con dignità. Ecco perché Augusto un giorno decide di tentare il viaggio oltre la frontiera austriaca per contrabbandare l'eccedenza del raccolto. Jole ha quindici anni quando suo padre stabilisce che è giunto il momento di portarla con sé. Non passerà molto tempo prima che la ragazza si trovi a dover compiere il viaggio da sola.

L'ultima Frontiera di Matteo Righetto edito da Mondadori è un romanzo che ha il sapore della speranza, ci mostra la forza della natura e l'importanza di una famiglia alle spalle. 
Un bel libro, vi spiego il perché.

Ci troviamo in un casolare sperduto sulle montagne venete, dove non c’è altra vita che il lavoro nei campi. Una famiglia unita che, nonostante la coltivazione di tabacco per la Regia Tabacchi, è in balia delle carestie che vanno e vengono..
Augusto, uomo forte, temprato dalla terra e di poche parole, vorrebbe offrire sempre di più alla moglie e ai tre figli. Per questo decide di provare la strada del contrabbando, rischiando la sua vita e il futuro della sua famiglia.

Augusto non era un uomo alto e nemmeno corpulento, ma era dotato di una forza sorprendente e inesauribile.

Jole è solo una ragazzina quando il padre decide di portarla con sé oltre la frontiera. Di animo forte come il padre e ricca di quell’intelligenza che solo la natura sa imprimere nel cuore e nella testa delle persone.

Attraverso il contatto con la natura le sembrò di diventare una ninfa, si sentiva un tutt’uno con il bosco. […] Il canto degli uccelli la faceva stare bene, così come il contatto con gli alberi. Ogni tanto la Jole ne abbracciava uno e lo stringeva forte, attaccandosi più che poteva alla sua corteccia dura. Ne riceveva forza. E serenità.

E poi ci sono Agnese, donna provata sia nel corpo che nell’animo, ma sempre dedita amorevolmente alla casa e alla famiglia, e i piccoli di casa, Antonia e Sergio, che con la loro esistenza danno forza a Jole e ad Augusto per affrontare i pericolosi viaggi verso l’Austria.

I finanzieri regi da una parte e le guardie della Zollwache dall’altra avevano rafforzato i controlli e attraversare la frontiera era diventato sempre più arduo e avventuroso.

Il viaggio che Augusto prima e Jole poi affrontano per andare a contrabbandare tabacco in cambio di argento e rame diventa metafora del viaggio che ognuno di noi fa nella vita; un viaggio che può essere fisico, per trovare fortuna altrove, o interiore. E ognuno di questi è ricco di salite difficili e di discese ingannatrici, di spalle su cui appoggiarsi per andare avanti e di bastoni che, invece di fare da supporto, si rivelano essere beffardi.

“In realtà io me la sentivo che saresti ripassata di qua…”
“Perché?” bisbigliò appena la ragazza.
“Perché ti stavo aspettando.”

Una frontiera, quella geografica e quella umana, a rappresentare il luogo in cui ognuno di noi può scegliere se essere nel bene o nel male, se condividere o dividere.

Là dove, soprattutto, lei aveva imparato a conoscere il senso profondo della frontiera […]. Ma aveva imparato a conoscere soprattutto la frontiera più profonda e intima, quella frontiera sottile che separa il bene dal male, quelle invisibile linea di demarcazione tra ragione e follia che si cela in ogni animo umano.

Matteo Righetto riesce a farci sentire i profumi e gli odori delle sue montagne, la freschezza dell’acqua in cui “la” Jole si immerge per sciacquarsi. Un romanzo che, nonostante tutte le avversità, porta speranza e riconcilia il lettore con la grandezza della natura e con la forza che la famiglia può infondere in ogni suo singolo componente.


E così continuò a fare la Jole, imitando quella natura che tanto amava, sperando intimamente che un giorno nessuno avrebbe più dovuto sentirsi straniero, a modo suo. Né sulle sue montagne, né in questo mondo.

Buona lettura!

- Annalisa - 

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