Editore: Salani
Le cose che porti nel cuore, non te le può togliere nemmeno la guerra.
Berlino, anni ‘30, Hitler è al potere e sta
portando avanti la sua campagna omicida pro-razza ariana. Si sta ampliando in
tutti i settori della vita pubblica e privata ed è inarrestabile.
Dentro di me erano sempre convissute quelle due parti: la brava bambina e la donna ribelle. La bambina monella e la moglie modello. Una di loro, in quel momento, prevalse con potenza.
Elsa è stata cresciuta nell’ottica di diventare, un giorno, una brava moglie, a seguire il marito nelle sue idee e a obbedire. Ma quando il carattere è forte e indipendente, è impossibile sottostare a ideologie e doveri in cui non si crede, di cui si ha paura, che si sentono profondamente sbagliati. Le bastano una fotografia e un violino per avere finalmente un obiettivo e per sentire vicina una sconosciuta. È forte Elsa, più forte del marito, più forte di qualunque altra moglie di SS, più forte del suo destino, più forte di Hitler.
Ero abituata alla solitudine. Non c’è mai stato un periodo della mia infanzia in cui mi sia sentita realmente parte di qualcosa. Perché alla fine, credo sia questo il reale senso di vuoto che prova una persona sola: sapere di non appartenere a niente e a nessuno.
Adele nasce nella provincia marchigiana e lì cresce, con la sua famiglia, la sorella Maria, ma soprattutto con l’oca Nella, la sua più cara amica! Quando Nella viene uccisa, Adele per ripicca accetta l’offerta degli zii venuti da Berlino di andare con loro. Questo segnerà la prima grande svolta della sua vita. Ha un grande talento, Adele: suona divinamente il violino, un violino regalatole da suo padre che si rivelerà essere niente meno che un preziosissimo Guarneri del Gesù! Ma è anche ebrea, e per questo verrà licenziata dal suo ruolo di primo violino dell’orchestra di Berlino e deportata a Terezín, il campo di lavoro dove venivano internati gli artisti ebrei.
Mio marito era un ladro. Quelli delle mie amiche combattevano per la patria, rischiando la pelle. Lui invece se ne andava in giro per case deserte, come quella di Adele, e rubava il patrimonio musicale delle altre nazioni. Per il suo amato Führer.
Heinrich è più grande di Elsa, ma è riuscito a conquistare il suo cuore di giovane ragazza. Nonostante la differenza di età, si sono molto amati, erano complici. Ma poi il lavoro nella Sonderstab Musik, la squadra speciale che si dedicava a confiscare la musica agli ebrei, li allontana irrimediabilmente. Lui disposto a tutto per il suo capo, lei disposta a tutto per salvare Adele e il suo violino.
Più i miei occhi si posavano su quello che Susi aveva chiamato “campo di lavoro”, più mi pareva di stare in mezzo a un cimitero, dove però non c’erano tombe, ma edifici di legno e cemento e dove i cadaveri erano ancora in grado di muoversi.
Susi è amica di Elsa e anche lei moglie di un SS. Accetta un lavoro come guardiana in un campo, dove viene definita “Mastino” per la sua crudeltà. Quando è con l’amica, invece, sembra pentirsi e voler cambiare, lasciare Berlino con il figlio e fuggire da tutto, soprattutto dal marito. Elsa non sa se fidarsi, sa benissimo di essere seguita e controllata.
A Hitler non basta averci portato via le case, la dignità, la libertà. Vuole prendersi anche la nostra musica. Per cosa, per farne un’orchestra grande quanto una nazione?
Durante gli anni in cui Hitler fu al potere,
i nazisti si impossessarono di antichi strumenti musicali, di spartiti rari, di
libri e di dischi. Che il Führer avesse fobie e capricci vari, è ben chiaro e
noto. Non gli bastava togliere la vita a queste persone, voleva che prima
vedessero morire la propria anima, le proprie passioni. E cosa c’è di più
vicino alla nostra anima se non l’arte e, in questo caso, la musica?
Hitler non aveva più niente di umano. Era solo un pallone gonfiato che, come aveva detto una volta Jorrit, voleva appropriarsi della musica. Ma la musica è come il vento. Non la si possiede. La si sente e basta. Al massimo si può imparare a suonarla.
Come in ogni libro che tratta questo periodo
storico e le sue brutture, si fa un po’ fatica a rimanere lucidi e concentrati
sulla storia. Le descrizioni dei campi, delle persone al loro interno, delle
sevizie e delle ingiustizie a cui erano sottoposte: tutto fa male. Sembra quasi
di sentire le urla, l’odore acre del fumo. Il dolore del distacco di un bambino
da sua madre.
La storia di Adele e di Elsa in L’orchestra rubata di Hitler è un’occasione in più per parlare di tutto questo, per non dimenticare quello che è successo, anche nei campi meno conosciuti. Perché il rischio è proprio quello: non parlarne perché è “roba” del passato, non potrà più accadere, sicuramente non a noi. Ed è questa la forza dei libri e dei racconti: non permetterci di dimenticare.
Ci sono persone destinate a trovarsi, qualsiasi scelta compiano. Io ci credevo. I nostri violini che suonavano in quegli accordi perfetti ne erano la prova.
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