Recensione: Come uccidere innocenti una volta per tutte

«Per quelli della mia razza, arrivare a quarant'anni era una rarità, a cinquanta si era un miracolo che camminava e io, che ero uscito nell'età ritenuta sacrosanta con tutta la grinta disponibile, sentivo che la brace era giunta al filtro».

Come uccidere Innocenti una volta per tutte
Stefano Rossi
Associazione culturale Il Foglio

Trama
Un sicario prossimo alla vecchiaia viene ingaggiato dal più gelido boss della malavita di Florence per uccidere un insignificante reietto. Una faccenda apparentemente semplice da sbrigare: niente di più errato. Innocenti non è così facile da uccidere...

 Premetto che quando mi hanno dato da leggere e recensire questo libro e mi è stato etichettato in numerosi generi e sottogeneri come “horror, hard-boiled, splatter-punk, con discrete spruzzate di splatter e di humor nero”, mi sono detto: “Ecco, ci siamo”, scuotendo la testa sconsolato. Odio il dover dare un posto a tutto, collocare per forza un’opera sotto una tale etichetta calzante a pennello. Invece, per fortuna, “Come uccidere Innocenti una volta per tutte” è stata una dolce scoperta che mi ha tenuto impegnato per qualche giorno, sempre desideroso di proseguire la lettura per sapere come il nostro protagonista, Vincent Croce, sarebbe riuscito a sbrigarsela in quella che stava diventando una situazione quantomeno spinosa.

Si, alla fine, quelle etichette lì, ci stanno pure bene appiccicate a questo romanzo. Perché è vero, c’è lo humor nero e l’ironia sprezzante di Hap&Leonard, c’è il sangue, le pistole e la morte messi in copertina, vestiti da protagonisti, come in Pulp Fiction, c’è il degrado di Florence, novella Sin City, angustiata dal degrado e da un’umanità povera di valori e priva di ambizioni, dove troneggia la malavita che, dilagando negli angoli più bui e sporchi, fa il bello e il cattivo tempo a seconda dei propri umori ed interessi. 
Vincent è un sicario un po' oltre con l’età. Diciamo pure un miracolato, se si pensa che nel suo mestiere sono pochi che arrivano oltre i cinquant’anni. Un giorno, il boss mafioso Abruzzese decide che Innocenti deve morire e affida al nostro eroe l’arduo compito. Ebbene, nonostante tutti gli sforzi profusi, Croce si ritroverà in situazioni quantomeno insolite che dovrà essere bravo a districare, fino a che non si renderà conto che le cose ci mettono davvero poco a cambiare, così che anche lui dovrà iniziare a guardarsi le spalle, e non solo dalla vecchiaia. 


Avevo sessant'anni, e a sessant'anni si è troppo vecchi. A sessant'anni non si combatte. A sessant'anni puoi solo sperare che il salvabile si salvi da solo, e di trovare in qualche scaffale del Penny Market l'antiossidante per le tue giunture più arrugginite dei cardini di un vecchio cancello di campagna. La vecchiaia è una galera da cui non si evade.


Stefano Rossi, l’autore, è davvero bravo a coniugare la storia, che si srotola repentina e senza un attimo di pausa, attraverso le vicende che circondano il protagonista, ma senza mai dimenticarsi che Croce è un essere umano, con i suoi dubbi, le sue paure e le sue convinzioni. Il romanzo appare quindi completo, a dispetto delle centosessanta pagine, facendo trasparire la reale caratterizzazione del personaggio principale e descrivendo le ambientazioni in modo da restituire al lettore uno squarcio completo di un mondo distopico nel quale si muovono tutte le pedine nel modo giusto, finché eventi straordinari non scardineranno le loro esistenze. 
Ciò che riesce meglio a Rossi, senza dubbio, è chiudere il cerchio nel quale ogni avvenimento risucchia tutti, buoni e cattivi, senza pietà alcuna.
Buona lettura!
 - Emanuele - 

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