Questo è il periodo degli amici che pubblicano libri, oggi è il turno di un ex compagno di Università, ex collega di lavoro, ex persona con cui ho litigato giorno e notte… Nicola ed io abbiamo diviso la stessa scrivania per molto tempo, a volte ci saremmo volentieri uccisi a vicenda, ma sempre con molta stima e affetto.
In bocca al lupo per questa nuova avventura Nico!
“Confessioni di un ubriacone dai piedi buoni”
di Nicola Cavagnaro
Mz-Lab
Trama
La storia del crollo di Jimmy Sullivan, ex promessa del calcio inglese, dalle origini a una quotidianità fatta di alcol e solitudine. Una vicenda di ascesa e caduta raccontata dallo stesso protagonista, che si “confessa” con la persona che assomiglia di più ad un amico, il gestore dell’unico pub dell’isola di East Dongey.
Un racconto che si intreccia con quello di coloro che hanno conosciuto Jimmy, dall’infanzia al glorioso periodo della Premier League e della Nazionale, fino alla inesorabile discesa nelle serie minori e al suo umiliante presente, fatto di bicchieri e sussidio di disoccupazione.
Tutte le testimonianze non sono altro che l’insieme delle registrazioni che un giovane giornalista televisivo, alla prima occasione di mettersi in mostra in un programma importante, raccoglie nei luoghi che hanno visto Jimmy protagonista, seppur in negativo: si va dagli anziani dell’isola dove l’ex grande promessa è nato ed è tornato a vivere ai compagni di squadra, dagli allenatori agli amici, fino ai tanti personaggi che hanno assistito con i loro occhi alla caduta di un astro nascente.
Tra questi testimoni c’è Elisabeth, la bella, triste e solitaria ragazza che ha trascinato Jimmy con sé nel baratro, vittima della sua stessa debolezza, del suo passato, delle circostanze.
Ed è proprio l’arrivo del giornalista, affamato di notizie e di storie, a costringere Jimmy a fare i conti col suo passato, con i suoi ricordi, a rimestare nel fango dei suoi fallimenti, a smettere con le vanterie vanagloriose da ubriacone e, appunto, tirare fuori la verità.
La vicenda di Jimmy Sullivan si intreccia tragicamente con un’altra, quella di Robert Iverson: i due, entrambi calciatori, si incontrano di persona solo una volta nella vita, una di quelle che non si dimenticano. Robert ama il calcio fin da bambino, ha sempre desiderato diventare un calciatore e ha sacrificato tutto per questo sogno, dedicandovi impegno e dedizione: non ha però il talento, di cui Jimmy Sullivan è dotato in maniera straordinaria.
Proprio quando Robert Iverson, con immensa fatica e perseveranza, riesce finalmente ad abbandonare le serie minori e a vedere il professionismo, incontra la squadra in cui milita Sullivan, ormai in caduta libera. Lo scontro tra i due, per un beffardo destino, porta all’infortunio che, di fatto, mette la parola fine alla carriera di Sullivan e affibbia a Iverson la nomea del “macellaio”: viene così scaricato dalle sua squadra e non riesce più a trovare alcun ingaggio.
La vita di Jimmy, nel presente, sembra svoltare quando l’ufficio di collocamento lo chiama per un lavoro. Lui è costretto a muoversi dall’isola per prendere servizio in una ditta di pulizie. E proprio in uno degli uffici dove lavora incontra Janet…
Nicola Cavagnaro, nato a Chiavari il 24 maggio 1983, vive a Sestri Levante. Giornalista, redattore web, telecronista sportivo, ha vissuto a Genova e a Bergen (Norvegia). Ama viaggiare, soprattutto verso nord, gioca a pallacanestro e adora il calcio.
Per il tuo "Confessioni di un ubriacone dai piedi buoni" hai scelto una struttura narrativa molto particolare, ci racconti perché e come è suddiviso il libro?
Il libro racconta la storia di Jimmy Sullivan attraverso interviste, articoli di giornale e testimonianze raccolte da un giornalista che deve realizzare un servizio su questo "dannato", un talento enorme gettato alle ortiche. Mi è venuto naturale scriverlo così, per deformazione professionale, ma anche perchè questo sistema aggiunge profondità ai fatti e ai personaggi, costringe il lettore a cercare di capire quale sia la verità, perchè ogni fatto o episodio è descritto con occhi diversi. Ci sono le parole dei testimoni, ma anche quelle del protagonista, che di tanto in tanto racconta, "si confessa", fa i conti col suo passato, stimolato dal fatto di essere stato intervistato. Qual'è la verità? Ognuno può dare la sua risposta....
Sono due i personaggi principali, talmente diversi da essere agli antipodi, cosa c'è di te in loro?
La voglia di lottare per i propri obiettivi, senza arrendersi nonostante le difficoltà, ma allo stesso tempo la consapevolezza che, a volte, gli ostacoli ci facciano pensare che non sia possibile farcela. I due personaggi sono due calciatori, uno dotato di immenso talento ma incapace di combattere, di lottare per migliorare la sua vita e non farsi trascinare in basso, l'altro che, solo con l'impegno, sovrasta ogni ostacolo e raggiunge dei risultati nonostante non sia un predestinato.
Il tuo romanzo racconta il fallimento di una promessa del calcio, qual è il messaggio che vuoi dare?
Che il talento, in generale, nella vita non basta. Serve il duro lavoro, e anche una bella dose di fortuna. E che la solitudine e il fallimento sono molto più in agguato di quanto possiamo credere
Una citazione
La domenica mattina, rispettate alcune condizioni (frigo pieno, riscaldamento acceso, ragionevole certezza di trovare le porte della fabbrica aperte il lunedì), è una meraviglia. Le macchine in strada si diradano, il passo dei pedoni rallenta e perde elasticità, si fa più trascinato ma non per questo rumoroso.
Le famiglie si ritrovano in casa dell’uno o dell’altro, le nonne vengono sorrette dai nipoti su per le scale, i pacchetti delle paste si annodano ben stretti per resistere, appesi alle dita, nel tragitto verso casa. Certo, se si slacciassero facilmente, la tentazione di assaggiare la crema o la glassa avrebbe vita facile, troppo facile.
L’aria è più fresca, pulita, limpida. Se brilla il sole si apprezza il suo chiarore appieno, senza filtri di vetri di autobus, treni, giornali che annunciano epidemie, guerre, tagli di stipendio.
Se il cielo è coperto e pioviggina un po’ anche rifare il letto è piacevole, con il calore del corpo che sale dalle lenzuola e vi si richiude, ben custodito, pronto ad accoglierci a fine giornata. Se piove e di uscire nessuno ha voglia, assumono valore il divano e la poltrona, i plaid di tartan ripiegati su cui si appoggiano i piedi e che non chiedono altro che si essere stesi sulle ginocchia.
Comunque, in ogni caso, è la luce ha dare valore alla domenica. Quella che traspira dalla cucina e arriva lieve lieve in un salotto lasciato in penombra, giusto per dormicchiare un poco, quella blu un po’ aliena del gas che riscalda una tisana, quella serale della sala da pranzo – mentre fuori è buio, è autunno – mentre dal frigo saltano fuori gli avanzi di roastbeef, ancora più buoni dopo aver risposato in frigo qualche ora, un paio di birre fresche e leggere e sul fuoco l’acqua che bolle scotta un paio patate, giusto per scaldarsi un po’ senza sporcare troppo.
Perché, ancora di più delle domenica mattina, chi ama davvero il giorno del Signore lo ama di sera: non è malinconia, non è attesa del lunedì che incombe ed è realtà, lavoro, fatica dietro l’angolo. Sono gli ultimi momenti del riposo, quelli che nessuno può toccare, del chi se ne importa se i piatti sono da lavare, la cesta dei panni sporchi piena e la televisione passa solo spazzatura. C’è silenzio, c’è la luce giusta e fuori fa freddo. È domenica, e ben poco altro importa.
Jimmy Sullivan non vede una domenica mattina da anni.
Il tuo rituale di scrittura
Scrivo soprattutto in estate, magari durante le ferie. In genere durante l'anno appunto su un taccuino le idee che mi vengono, piano piano le sviluppo e poi cerco di produrre quando ho un po' di tempo libero. In inverno rilego, correggo, rifinisco.
Che tipo di lettore sei?
Uno di quelli che legge 2 o 3 libri alla volta. In genere un "mattone" che mi tiene occupato per lungo tempo, inframezzato da altri, più rapidi e leggeri. In questo momento sto leggendo Anna Karenina, ma nel mentre ho letto il romanzo di Guido Catalano e riletto Fiesta di Hemingway
Consigliaci cinque libri per te imprescindibili
Il maestro e Margherita di Bulgakov
Cent'anni di solitudine di Garcia Marquez
Chiedi alla polvere di Fante
Per chi suona la campana di Hemingway
Delitto e castigo di Dostoevskij
***
Per il tuo "Confessioni di un ubriacone dai piedi buoni" hai scelto una struttura narrativa molto particolare, ci racconti perché e come è suddiviso il libro?
Il libro racconta la storia di Jimmy Sullivan attraverso interviste, articoli di giornale e testimonianze raccolte da un giornalista che deve realizzare un servizio su questo "dannato", un talento enorme gettato alle ortiche. Mi è venuto naturale scriverlo così, per deformazione professionale, ma anche perchè questo sistema aggiunge profondità ai fatti e ai personaggi, costringe il lettore a cercare di capire quale sia la verità, perchè ogni fatto o episodio è descritto con occhi diversi. Ci sono le parole dei testimoni, ma anche quelle del protagonista, che di tanto in tanto racconta, "si confessa", fa i conti col suo passato, stimolato dal fatto di essere stato intervistato. Qual'è la verità? Ognuno può dare la sua risposta....
Sono due i personaggi principali, talmente diversi da essere agli antipodi, cosa c'è di te in loro?
La voglia di lottare per i propri obiettivi, senza arrendersi nonostante le difficoltà, ma allo stesso tempo la consapevolezza che, a volte, gli ostacoli ci facciano pensare che non sia possibile farcela. I due personaggi sono due calciatori, uno dotato di immenso talento ma incapace di combattere, di lottare per migliorare la sua vita e non farsi trascinare in basso, l'altro che, solo con l'impegno, sovrasta ogni ostacolo e raggiunge dei risultati nonostante non sia un predestinato.
Il tuo romanzo racconta il fallimento di una promessa del calcio, qual è il messaggio che vuoi dare?
Che il talento, in generale, nella vita non basta. Serve il duro lavoro, e anche una bella dose di fortuna. E che la solitudine e il fallimento sono molto più in agguato di quanto possiamo credere
Una citazione
La domenica mattina, rispettate alcune condizioni (frigo pieno, riscaldamento acceso, ragionevole certezza di trovare le porte della fabbrica aperte il lunedì), è una meraviglia. Le macchine in strada si diradano, il passo dei pedoni rallenta e perde elasticità, si fa più trascinato ma non per questo rumoroso.
Le famiglie si ritrovano in casa dell’uno o dell’altro, le nonne vengono sorrette dai nipoti su per le scale, i pacchetti delle paste si annodano ben stretti per resistere, appesi alle dita, nel tragitto verso casa. Certo, se si slacciassero facilmente, la tentazione di assaggiare la crema o la glassa avrebbe vita facile, troppo facile.
L’aria è più fresca, pulita, limpida. Se brilla il sole si apprezza il suo chiarore appieno, senza filtri di vetri di autobus, treni, giornali che annunciano epidemie, guerre, tagli di stipendio.
Se il cielo è coperto e pioviggina un po’ anche rifare il letto è piacevole, con il calore del corpo che sale dalle lenzuola e vi si richiude, ben custodito, pronto ad accoglierci a fine giornata. Se piove e di uscire nessuno ha voglia, assumono valore il divano e la poltrona, i plaid di tartan ripiegati su cui si appoggiano i piedi e che non chiedono altro che si essere stesi sulle ginocchia.
Comunque, in ogni caso, è la luce ha dare valore alla domenica. Quella che traspira dalla cucina e arriva lieve lieve in un salotto lasciato in penombra, giusto per dormicchiare un poco, quella blu un po’ aliena del gas che riscalda una tisana, quella serale della sala da pranzo – mentre fuori è buio, è autunno – mentre dal frigo saltano fuori gli avanzi di roastbeef, ancora più buoni dopo aver risposato in frigo qualche ora, un paio di birre fresche e leggere e sul fuoco l’acqua che bolle scotta un paio patate, giusto per scaldarsi un po’ senza sporcare troppo.
Perché, ancora di più delle domenica mattina, chi ama davvero il giorno del Signore lo ama di sera: non è malinconia, non è attesa del lunedì che incombe ed è realtà, lavoro, fatica dietro l’angolo. Sono gli ultimi momenti del riposo, quelli che nessuno può toccare, del chi se ne importa se i piatti sono da lavare, la cesta dei panni sporchi piena e la televisione passa solo spazzatura. C’è silenzio, c’è la luce giusta e fuori fa freddo. È domenica, e ben poco altro importa.
Jimmy Sullivan non vede una domenica mattina da anni.
Il tuo rituale di scrittura
Scrivo soprattutto in estate, magari durante le ferie. In genere durante l'anno appunto su un taccuino le idee che mi vengono, piano piano le sviluppo e poi cerco di produrre quando ho un po' di tempo libero. In inverno rilego, correggo, rifinisco.
Che tipo di lettore sei?
Uno di quelli che legge 2 o 3 libri alla volta. In genere un "mattone" che mi tiene occupato per lungo tempo, inframezzato da altri, più rapidi e leggeri. In questo momento sto leggendo Anna Karenina, ma nel mentre ho letto il romanzo di Guido Catalano e riletto Fiesta di Hemingway
Consigliaci cinque libri per te imprescindibili
Il maestro e Margherita di Bulgakov
Cent'anni di solitudine di Garcia Marquez
Chiedi alla polvere di Fante
Per chi suona la campana di Hemingway
Delitto e castigo di Dostoevskij
Grazie Nico e buona avventura
Posta un commento