Recensione: La terra promessa di Matteo Righetto


La terra promessa è il terzo volume della Trilogia della Frontiera di Matteo Righetto edito da Mondadori, se volete scoprire di più sui volumi precedenti ecco le recensioni di Annalisa: L'anima della frontiera QUI e L'ultima patria QUI
La terra promessa 
di Matteo Righetto
Mondadori
Trama
Con questo romanzo inizia il futuro di Jole e Sergio, figli di Augusto e Agnese De Boer, coltivatori di tabacco a Nevada, in Val Brenta.Vent'anni lei, dodici lui, dopo tante vicissitudini i due fratelli sono pronti ad affrontare la più grande delle sfide: lasciare la propria terra, che nulla ha più da offrire, per raggiungere il Nuovo mondo.Un'avventura epica che ha in sé l'incanto e il terrore di tante prime volte: per la prima volta salgono su un treno e vedranno il mare; per la prima volta sono soli di fronte al destino e lei sa che dovrà raccontare al fratello la sorte tragica toccata ai genitori.Nella traversata che dura più di un mese, la Jole sente ardere in sé la fiamma della speranza, alimentata dalla bellezza sconosciuta del mare e da un soffio di vento che di tanto in tanto torna a visitarla, e in cui lei è certa di riconoscere l'Anima della Frontiera.





“Perché io e tutta questa povera gente siamo dovuti fuggire dalla nostra terra? Perché il cielo non dona al mio piccolo mondo anche soltanto un briciolo della sua pace? Dov’è la nostra terra promessa?”

La Jole e Sergio sono partiti, sono sul treno che li porterà a Genova, e da lì, in nave, viaggeranno verso l’America, verso una nuova vita, verso la terra promessa. Avrà fatto bene la Jole a prendere una decisione così drastica per lei e per il fratello? Quanto costa lasciare la propria terra per l’ignoto?

«La malinconia non è un peccato, né una colpa, figliola. Non dimenticare da dove vieni e ricordati delle frontiere che hai superato per arrivare fin qui e diventare la donna che sei oggi, ma tieni sempre a mente che la tua prossima frontiera è il futuro che porti con te...»

A soli vent’anni la Jole si ritrova sola con il fratellino (Antonia, l’altra sorella, è monaca a Bassano), a dover decidere per entrambi e durante il viaggio in treno un susseguirsi di sentimenti contrastanti le invadono il cuore: speranza, nostalgia, dubbio, forza, malinconia.

Il mare! Gli occhi della Jole si riempirono di blu profondo e il suo respiro si fece affannoso. [...] Si sentiva smarrita innanzi alla vastità di quella infinita distesa d’acqua, disorientata, eppure felice come se stesse rinascendo.

È sempre stata abituata a seguire il vento, ad orientarsi sulle sue montagne, a riconoscere i segnali che la Natura le dava. Ora deve imparare a fidarsi di qualcosa che non conosce, che teme ma allo stesso tempo la meraviglia: il mare. Quel grande oceano che è necessario attraversare per sperare in un futuro migliore.

Dopo quel giorno fatidico, quando era andato a raccogliere il pino mugo a Campomulo e si era sentito male, era cambiato tutto [...] si rendeva conto di non essere più in grado di esprimersi come prima e di non avere la stessa energia di un tempo.

Sergio ha dodici anni, non sa ancora che i suoi genitori non ci sono più. Sa solo che da quando è guarito da quello strano malore che lo aveva colto e portato vicino alla morte, non è più lo stesso bambino allegro e vispo di qualche tempo prima. Si ritrova sbalzato in un viaggio duro e faticoso e il suo unico appiglio è la sorella, sua forza e sicurezza. Ha piena in fiducia in lei e a lei si affida.

In cuor loro pensavano che la coincidenza fortuita che le aveva portate a conoscersi, fra un’orda di sconosciuti senza nome, fosse portatrice di un senso più alto [...]. Magari il destino aveva deciso di farle incontrare per offrire a ognuna di loro sostegno durante le fatiche di quel lungo viaggio.

Irma, Fernando e Giulia Rigoni sono una delle tante famiglie partite dall’Italia in cerca di fortuna. In Messico li stanno aspettando dei parenti e la prospettiva di un lavoro e di una vita migliore. Il destino ha voluto che i De Boer e i Rigoni si conoscessero e si unissero in quest’avventura, riconoscendosi gli uni gli altri come fossero parte di una stessa famiglia.

In quell’istante la San Cristoforo salpò dal porto di Genova, pronta a solcare le acque dell’Oceano Atlantico fino a Tampico, in Messico. Era il 27 novembre 1898 e la traversata sarebbe durata circa un mese.

La parte più intensa del libro inizia qui, dalla partenza della nave dal porto di Genova verso il Messico, verso un futuro sperato ma in realtà ignoto. E qui la traversata, lunga, travagliata, diventa metafora di ogni tormento che l’uomo affronta durante la vita, fisico o psicologico.

“Dio, se davvero esisti e sei ovunque, anche dentro questo enorme mare, ascolta le mie parole! Fa’ che non siamo capitati qui come topi in trappola, aiutaci a uscire presto da questa situazione insopportabile. [...] fa’ che mamma e papà ci raggiungano presto, per favore, perché mi mancano. E dai forza a me, alla Jole, all’Antonia e ai Rigoni...”

La preghiera di un bambino che però è forte e matura come le preghiere di tutti gli altri esuli che sul quel transatlantico stanno combattendo per la vita, contro la stanchezza, le malattie, la morte. Una preghiera che va oltre l’egoismo ma racchiude in sé l’amore per la famiglia e le persone a cui Sergio vuole bene.

«Forse domani arriveremo. Giungeremo sulle sponde di una nuova terra di speranza e di gioia, di giustizia. Forse è proprio lì che Dio ha voluto guidarci, e allora ci sarà una nuova patria per tutti, Sergio...»

L’appiglio alla preghiera, a quel Dio verso il quale non si prova astio per aver permesso quell’esilio, ma verso il quale invece si tende ancora come ad un bastone mentre si sale un sentiero impervio. Quel Dio che è sempre presente nell’animo della Jole e che lei sente vicino, nello sciabordio delle onde, nell’alito del vento.

I raggi di un sole forte diradarono le nubi alte e sottili per andare a posarsi lentamente su quel lembo d’America e sull’approdo in Messico dei De Boer.

La fine della traversata non è la fine del viaggio dei due fratelli. Ancora molta strada e molta fatica li attende prima di raggiungere la “loro” terra promessa.

Milioni di persone come te e i miei genitori hanno dovuto abbandonare il loro paese, le mura nelle quali sono cresciute. Eppure hanno trovato un’altra casa. La patria non riguarda solo gli aspetti incantevoli e sublimi [...], ma qualcosa di più profondo e importante: la nostra condizione di uomini, la nostra dignità, la nostra libertà!

Questo terzo capitolo della Trilogia della patria è un inno alla speranza, alla fiducia nelle nostre forze e in un destino più grande di noi. È la conclusione della prima parte della vita dei due fratelli De Boer, necessaria per chi li ha amati fin da L’anima della frontiera. È il riconoscimento della forza e dell’animo della Jole, del suo resistere nonostante tutto, del suo non arrendersi di fronte a difficoltà immense, per lei e il fratello. È la conclusione che da lettrice avrei voluto per questi due personaggi, il riscatto per la loro giovinezza vissuta a metà, portata via in modo troppo crudele.

Il racconto dell’esperienza della migrazione, poi, è un passo molto toccante. Vivere insieme a loro quei giorni infiniti, che sembrano non passare mai, è un tuffo al cuore perché sappiamo che non è invenzione, ma realtà, la realtà di un’infinità di nostri connazionali, se non lontani parenti, che sono stati costretti a lasciare la propria casa, la famiglia, la propria vita contro la loro volontà, per lanciarsi in un’avventura di cui non conoscevano né il percorso né la fine. E ancor più male fa pensare che ad oggi nulla è (e vuole essere) cambiato, che milioni di famiglie, di bambini, sono costretti a subire quello che, in un modo o nell’altro, hanno subito i De Boer e i Rigoni.

Spesso la Jole si fa prendere dalla malinconia, dalla nostalgia, dai ricordi di odori, sensazioni, dagli sguardi che tornano alle sue vallate e ai suoi monti, dai pensieri che vanno alla sorella Antonia o al cavallo Sansone. Avere la propria patria dentro di sé può portare sconforto se si è lontani, ma può dare forza se si è partiti per dare un futuro a sé e alla propria famiglia.

Speranza, sacrificio, sofferenza, dignità, forza d’animo. Questi i capisaldi di questo libro, uniti in un alternarsi di presente e passato, futuro e ricordi che fa sì che il lettore stia ancora più accanto ai personaggi, perché si intravede uno spiraglio di salvezza, perché nonostante tutto e con tutte le nostre forze un futuro migliore è possibile.

Perché leggerlo→ Perché è uno spaccato della nostra Storia narrato con gli occhi di una protagonista che abbiamo imparato a supportare e ad amare.

La forza non consiste nel non cadere mai, e nemmeno nel risollevarsi dopo la caduta. Bensì nel riprendere il cammino.

- Annalisa - 

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