Recensione: Io sono l'usignolo di Emanuela Navone


Oggi Annalisa ci parla di un romanzo intriso di misteri, ambientato qui da noi: in Liguria. Ecco a voi la recensione di Io sono l'usignolo di Emanuela Navona, PubMe - Policromia.

Io sono l’usignolo
Emanuela Navone
PubMe, Policromia
Trama
Chi è Florian Chevalier e perché ha bruciato la casa del sindaco di Val Salice? Questo si domanda il giornalista Rubino Traverso, intenzionato a scoprirne di più e sorpreso che nessuno voglia raccontare nulla. Quando, proseguendo le ricerche, inizia a ricevere disegni bizzarri e strani messaggi intimidatori, capisce che la verità non deve venire a galla. Che cosa nascondono gli abitanti di Val Salice? In un agosto spazzato dal vento, Rubino scoprirà a poco a poco che perfino un piccolo paese sperduto fra i monti liguri ha i suoi scheletri nell’armadio. E dovrà a tutti i costi scoprire quali. Cosa sei disposto a perdere pur di conoscere la verità?

Non ti accorgi di essere vicino al fuoco fino a che non ne percepisci il calore


Val Salice, entroterra genovese, inizio anni Duemila. È qui che la storia è ambientata, è qui che facciamo la conoscenza di Rubino, Rachele, Giuseppe e degli altri protagonisti, è qui che venti anni fa qualcuno ha dato fuoco alla casa del sindaco con tutta la famiglia all’interno.

La redazione di “Inchiostro e Carta” generava sempre un filo di timore che mi solleticava la pelle. Ci lavoravo da cinque anni, ormai, ma la sensazione rimaneva quella: entrare in un luogo antico e ammantato di sacralità.

Rubino Traverso è un giornalista quarantenne di Genova che, insieme alla moglie Rossana e alla piccola Stella, decide di trasferirsi nell’entroterra, acquistando una casa tanto fatiscente quanto piena di misteri. Se vuole continuare a fare parte della redazione di “Inchiostro e Carta”, deve scrivere l’articolo della sua vita. Cosa meglio di un mistero mai risolto per evitare di perdere il lavoro?

Mi ero portato dietro un blocco per gli appunti e volevo mettere ordine al caos che avevo in testa, ma più cercavo di scrivere, più gli occhi d’oceano di Rachele mi si presentavano davanti

Rachele, giovane bibliotecaria di Val Salice, capelli rosso fuoco, occhi chiari e lentiggini sul viso, esuberante e schietta. Perché una ragazza come lei dovrebbe interessarsi ad un fatto di cronaca di così tanti anni fa?

La giovane dalle lentiggini era accanto a uno scaffale insieme a un ragazzo che avrà avuto sì e no la sua età. Quando si voltò, lo riconobbi: era Peppe, il barista

Giuseppe è il giovane barista del paese. Potrebbe a tratti sembrare un tipo semplice, poco intuitivo, ma in realtà giocherà un ruolo importante con Rubino, al quale si affeziona subito, e la sua decisione di portare a termine l’articolo per il giornale.

Avevo raccontato a Claretta delle mie ricerche e riferito le parole di Rondelli.
«Mi ha parlato di uno scellerato che ha appiccato l’incendio.»
La donna annuì.
«Florian Chevalier. L’usignolo.»

Chi è Florian Chevalier e perché vent’anni prima ha dato fuoco alla casa del sindaco Montignani? Che fine ha fatto? Il suo unico amico era Filippo, figlio del sindaco, e fin da piccolo era solito disegnare usignoli in atteggiamenti aggressivi, da qui il suo soprannome. Da allora, però, non si è più visto.

«Il silenzio, Rubino. Il silenzio è un alleato, noi vecchi lo amiamo e lo desideriamo come la pelle di una donna. Ci avvolge e noi ci lasciamo coccolare. [...] Questo no. Questo che percepisce, Rubino, non è un buon silenzio.»

È il silenzio che regna sovrano a Val Salice: il silenzio di chi sa e non parla, il silenzio di chi non c’è più, il silenzio di chi non riesce a trovare una soluzione ai misteri di quel piccolo paesino incastonato nell’Appennino. Solo il fruscio del vento e lo scoppiettare del fuoco sembrano essere i suoni concessi.

Rondelli si girò di scatto, il volto deformato come se il suo babau peggiore avesse preso vita.
«Rubino, le do un consiglio. [...] Trovi un altro argomento per la sua rubrica. Non dissotterri cose seppellite da anni.»

Giorgio Rondelli, don Grimaldi, il paese intero: perché nessuno vuole che si indaghi ancora su quell’incendio? Cosa hanno da nascondere? Quali interessi sono bruciati insieme al sindaco e alla sua famiglia?

Cosa avevo da perdere continuando le ricerche? Nonostante quanto accaduto, quella storia mi aveva catturato tra le sue spire: finché non ne fossi venuto a capo non avrei trovato pace.


Io sono l’usignolo è un sapiente intreccio di personaggi e situazioni che non lascia nulla di prevedibile. Nonostante le idee che il lettore può farsi durante la lettura, nulla è mai scontato, anzi, ci sono avvenimenti e scoperte che arrivano repentini e dolorosi come un pugno in faccia.
I personaggi sono ben caratterizzati sia fisicamente che psicologicamente, con i loro pregi e i loro difetti, sono coerenti fino alla fine nei loro pensieri e propositi. L’unico che non ho apprezzato è stato don Grimaldi, per il suo parlare ispirandosi quasi sempre ai versi della Bibbia, forse un po’ forzato.
L’atmosfera che si viene a creare e le descrizioni accurate, ma mai banali, delle ambientazioni creano nel lettore vivide immagini che rendono la lettura ancora più movimentata, come se fossimo noi stessi dietro alla finestra di una delle case di Val Salice ad osservare quello che ci accade intorno.
La scrittura è scorrevole, il linguaggio adeguato e diversificato a seconda dei personaggi e i colpi di scena e la suspense fanno da padroni allo stile di Emanuela.

Perché leggerlo  Perché è adrenalina, attesa e suspense fino all’ultima pagina.

Non sapevo ancora di essere dentro la gabbia dell’usignolo, pensavo di girarvi intorno alla ricerca della piccola entrata. In realtà la porta si era chiusa dietro di me già da parecchio e non potevo uscire. L’usignolo mi aveva rinchiuso nella sua gabbia.

- Annalisa - 

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