Recensione: Le donne di casa Blackwood


Non c’erano ratti nelle pareti di casa Blackwood. Soltanto una bambina nascosta in soffitta.

Le donne di casa Blackwood

Ellen Marie Wiseman 
Newton Compton Editori

Trama 

Una sera dell’estate del 1931 Lilly Blackwood intravede le luci abbaglianti del circo dalla finestra spiovente della sua camera da letto. Non ha il permesso di esplorare i dintorni della casa. Non è neanche mai uscita dalla sua stanza all’ultimo piano. Sua madre sostiene che sia per il suo bene e che le persone si spaventerebbero se la vedessero. Ma quella notte calda e stellata è destinata a cambiare ogni cosa: Lilly esce dalla sua prigione e si dirige verso il tendone del circo. Più di vent’anni dopo, la diciannovenne Julia Blackwood ha ereditato dai genitori la tenuta di famiglia e la casa adiacente. Per Julia, quello è un luogo di ricordi infelici, pieno di regole ferree e stanze proibite. Tornare lì dopo tanto tempo potrebbe aiutarla a liberarsi dai fantasmi del passato? Scavare a fondo tra i segreti di casa Blackwood porterà Julia a scoprire verità scabrose e tradimenti di cui si è macchiata la famiglia, perché la sua storia è intrecciata a quella di Lilly, in fuga per trovare la sua strada nel mondo duro, a volte brutale, del Circo dei fratelli Barlow.


Anni ’30, nord degli Stati Uniti, Lilly Balckwood ha nove anni ed è albina: capelli bianchi come la neve, pelle di porcellana. Per questo motivo i genitori la tengono rinchiusa in una stanza in soffitta insieme alla gatta Abby, alcune bambole e dei libri. Per il resto del mondo, Lilly non esiste (più).

Lilly contò, stendendo e ripiegando le dita, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, poi aprì gli occhi e, con estrema lentezza, alzò la testa per guardarsi allo specchio. Quando vide il proprio riflesso, le si mozzò il respiro in gola.

Lilly è cresciuta credendo di essere un abominio, un errore della Natura. Per questo motivo deve stare chiusa in casa senza essere vista da nessuno. L’unico spiraglio sull’esterno è un piccolo lucernaio dal quale un giorno, in lontananza, vede per la prima volta i tendoni del “Circo dei fratelli Barlow, lo spettacolo più eccitante del mondo”. E la sua vita cambia per sempre.

Da quando tre anni addietro era scappata di casa, l’insidioso scorrere del tempo aveva lasciato traccia sui suoi zigomi sporgenti, e sui cerchi scuri sotto gli occhi. La pelle, un tempo liscia e abbronzata, era diventata pallida e porosa per la carenza di sonno e di luce solare.

Conosciamo Julia Blackwood durante un periodo particolarmente difficile della sua vita: dopo essere scappata di casa appena quindicenne a causa di una madre troppo severa che, tra le altre cose, la incolpa della morte del padre, ha trovato lavoro come cameriera in un locale di bassa lega, il Big Al’s Diner, il cui guadagno basta appena per pagare l’affitto di un buco che condivide con Tom.

Julia aveva gli occhi pieni di lacrime. […] era per una cosa in particolare che provava dolore, per una famiglia amorevole. Com’era possibile sentire la mancanza di qualcosa che non aveva mai avuto?

La nuova vita di Julia, invece, inizia quando le viene recapitata la notizia di aver ereditato la villa in cui è cresciuta, con tanto di stalla e allevamento di cavalli. Lei, che ne è scappata, ora è obbligata a tornare, a dover fare i conti con un passato misterioso e cupo, del quale non avrebbe mai voluto sapere nulla.

Sua madre, pugni ossuti e animo sprezzante, era una che stabiliva e seguiva un sacco di regole. E si aspettava che le seguissero tutti quelli che vivevano con lei.

Coraline Blackwood è una donna rigida, timorata di Dio, severa. Fondamentalmente malata. Dapprima non accetta una figlia albina (perché imperfetta o, al contrario, troppo perfetta?), poi obbliga il marito a sottostare alla sua volontà, destinandolo ad una vita di rimpianti e dolore.

Quando Glory e Lilly passarono di là, il leone alzò il capo, batté le palpebre e le osservò, con i baffi lunghi e sottili che vibravano. Lilly rallentò e guardò i suoi tristi occhi marroni. […] Tutto a un tratto, fu assalita dalla sensazione di prigionia che provava rinchiusa nella sua vecchia stanza […]. Riusciva a percepire il desiderio di libertà di quel leone.

Julia e Lilly sono inesorabilmente legate tra loro, lo capiamo fin da subito, a partire dalla capacità di entrambe di comunicare con gli animali; le loro vite si intrecciano lungo tutto il libro, dando indizi prima e confondendo poi sulla vera natura del loro legame. In questo modo, il lettore è sempre più attento ai particolari e alle rivelazioni che l’autrice offre. Fin dall’inizio, capiamo che c’è qualcosa di grande che le lega, ma cosa?

In tutti i sogni di fuga e nei viaggi immaginari, mai aveva ipotizzato di finire così: un fenomeno da baraccone, l’attrazione secondaria di un circo.

Che sia stata una scelta voluta dall’autrice o solamente uno spunto narrativo, lungo tutta la storia scorre una forte critica alla vita circense, a quella parte legata strettamente al coinvolgimento degli animali, alle loro condizioni di vita e ai maltrattamenti che, spesso, subiscono. Lilly diventa portavoce dei loro pensieri e delle loro sensazioni, lottando fino alla fine per loro.

Allo stesso modo, Julia entra subito in sintonia con i cavalli che eredita con casa Blackwood, lottando, anch’essa, affinché le sue cavalle non debbano più subire la separazione dai piccoli puledri.

“Mi chiamo Fletcher. […] Fletcher Reid. Sono qui per incontrare la signorina Blackwood”. Era alto e magro, e non doveva avere più di trent’anni, con la mascella squadrata e occhi color cioccolato.

Accanto alle donne di casa Blackwood troviamo diversi personaggi, positivi o meno. Il marito di Coralline è sottoposto alla moglie, non ha polso e non fa nulla per farla ragionare nelle sue terribili scelte. Barlow, il proprietario del circo, e Merrick, suo socio, sono uomini senza scrupoli, che pensano solamente al denaro e al successo, trattando, in particolar modo il secondo, i suoi operai alla stregua di animali. Claude e Fletcher, tuttofare l’uno e veterinario l’altro, si occupano della stalla di Julia e la aiuteranno, volenti o meno, a rispondere alle domande che le tormentano la mente.

E poi ci sono Glory, le gemelle Ruby e Rosy e tutte le altre attrazioni secondarie che diventeranno la nuova famiglia di Lilly, e, in quanto tale, la proteggeranno e si proteggeranno l’un l’altra in ogni occasione.

E ci sono Pepper e JoJo, Blue e Samantha Blue, Abby e tutti gli altri animali che le protagoniste incontrano nel loro cammino. Animali che ci vengono presentati come altrettanti protagonisti, capaci di provare sentimenti e di ragionare come esseri umani. Chi può dire, poi, che non sia così?

Più di ogni altra cosa, voleva entrare in quel box e consolare l’elefante, accarezzargli la testa e spiegargli che lo sapeva anche lei cosa significava vivere come carcerati ma continuare lo stesso ad amare chi ti faceva male.

Le donne di casa Blackwood è un romanzo intenso, profondo, con molti spunti riflessivi. L’alternarsi del punto di vista sulla vita dell’una o dell’altra ragazza ci conduce fino alla fine con un crescente pathos narrativo che tiene il lettore in allerta ad ogni capitolo, pronto ad accogliere ogni nuovo indizio per la soluzione del grande mistero che permea tutte le pagine: Lilly e Julia, chi sono l’una per l’altra?

Quando sentì qualcosa di caldo sulle braccia e sul viso, alzò lo sguardo e strizzò gli occhi. Era il sole.

Buona lettura!

 - Annalisa - 


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