Recensione: Il gioco bugiardo

«Loro sono qui: Luc, Ambrose, e non solo loro, ma noi, gli spettri del nostro passato, le ragazze snelle ridanciane che eravamo prima che quell'estate finisse con un cataclisma, lasciandoci deturpate ognuna a suo modo, a cercare di andare avanti, mentendo non per divertimento ma per sopravvivere»

Il gioco bugiardo
Ruth Ware
Corbaccio

Trama
Il messaggio arriva in piena notte. Solo quattro parole: «Ho bisogno di te». Isa prende con sé la figlia e si precipita a Salten, dove aveva trascorso gli anni del liceo che ancora proiettano le loro ombre su di lei. A scuola Isa e le sue tre migliori amiche giocavano al gioco delle bugie: vinceva chi di loro avesse inventato la storia più assurda rendendola credibile agli occhi degli altri. Ora, dopo diciassette anni, un cadavere è stato ritrovato sulla spiaggia, facendo emergere un segreto terribile. Un segreto che costringe Isa a confrontarsi con il proprio passato e con le tre donne che non ha più visto ma che non ha mai dimenticato. Non è un incontro sereno: Salten non è un posto sicuro per loro, non dopo quello che hanno fatto. È ora che le quattro amiche affrontino la verità.

Il gioco bugiardo è un romanzo claustrofobico: dall'inizio alla fine ho vissuto in uno stato di ansia perenne. 
Ansia dovuta all'ambientazione, prima di tutto, perché se c'è una cosa che Ruth Ware sa fare molto bene è quella di creare scenografie perfette. Lo aveva fatto in L'invito (cliccate sul titolo per la recensione), lo rifà anche in questo romanzo uscito recentemente per la casa editrice Corbaccio.
Questa volta siamo in un paese: Salten, ma i fulcri della narrazione sono il collegio frequentato anni prima dalle protagoniste e la casa di una di loro. In particolare quest'ultima crea sul lettore un fascino potente. Decadente, custode di storie del passato e del presente, fatiscente, ma al tempo stesso romantica. Una casa che sprofonda nell'acqua, di difficile accesso, che scricchiola. 
Lì si dipanano, fra ieri e oggi, le vicende di quattro amiche, un padre artista, una scuola dove sono state "parcheggiate" nel passato e l'angoscia di oggi.

«Ripensando a Salten House, la cosa che ricordo più nettamente sono i contrasti. La luminosità accecante del mare in una giornata invernale di sole e il buio pesto di una notte in campagna, più fitto di quanto potrà mai essere a Londra. La silenziosa concentrazione delle aule di arte e la cacofonia assordante delle voci nella sala da pranzo... E soprattutto l'intensità delle amicizie che nascevano in poche settimane in quell'atmosfera da serra... e le inevitabili ostilità che ne erano il contraltare»

Tutto inizia con un messaggio, "Ho bisogno di te", un messaggio che fa precipitare Isa (la protagonista), Fatima e Thea a Salten dalla loro amica Kate. Un messaggio che le fa letteralmente abbandonare quello che stanno facendo per correre in suo aiuto.
Isa è la voce narrante: mamma da soli sei mesi, con un marito molto presente e al tempo stesso distante, Fatima convertita alla fede di famiglia (l'Islam) medico e madre, Thea notturna, che lavora in un casinò. 
Mollano tutto e arrivano a Salten dove dovranno fare i conti col passato.
E fra i conti col passato c'è anche quello con ciò che sono state. Bugiarde. Perché per loro  mentire era un gioco, che a volte ha lasciato segni indelebili sulle altre persone.

«Dovrei pensare a Owen e alla mia casa, ma non è così. Penso al passato, ai lunghi e languidi giorni d'estete che abbiamo trascorso qui, bevendo e nuotando e ridendo mentre Ambrose disegnava e Luc ci osservava tutti quanti con i suoi sornioni occhi a mandorla»

Ruth Ware fa uso di una narrazione lenta, a tratti estenuante, dettagliata. Potrebbe sembrare un azzardo, ma non lo è. 
Il lettore infatti è portato a voler andare avanti, sente l'incombenza di dover scoprire di più su questo fumoso passato delle ragazze e allo stesso tempo non può fare a meno di prediligere questo svelarsi lento dei fatti.
E più scaviamo, più sorgono i dubbi. Più andiamo avanti, più quel senso di angoscia si fa spazio prepotentemente nel lettore. E alla fine nulla è come sembra, tutto muta e pagina dopo pagina veniamo travolti da una storia che alla fine lascia emotivamente stremati.
Ruth Ware è un genio, sa scrivere thriller che lasciano il lettore a bocca aperta fino all'ultima pagina.
Buona lettura!

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